La famiglia dovrebbe essere un luogo “sacro” dove regna l’amore fra marito e moglie, fra genitori e figli ma purtroppo in questo contesto cominciano i guai che si espandono nella società. La famiglia sta alla base della società. Possiamo osservare la “non comunicazione famigliare” fonte di malessere della coppia e dei figli. La mancanza di dialogo, il silenzio come “rimedio” per incomprensioni sempre più profonde o all’opposto un torrente di parole che stordiscono. Una comunicazione che vuole essere controllo, accusa o viceversa esagerate parole dolci e protettive. Occuparsi dei figli non vuol dire accertarsi solo del fatto che tutto vada bene nella loro vita e che siano ben nutriti e curati, significa invece stabilire con loro una relazione in base alle loro esigenze, di ascoltare ciò che hanno da dirci. Certe malattie così dette “organiche” possono essere causate da una difettosa comunicazione fra madre e figlio come la colite ulcerosa, l’emicrania e la depressione. Nelle famiglie ansiose ci sono messaggi carichi d’angoscia, i figli che vivono qui soffrono perché si sentono inadeguati con un basso livello d’autostima perché si sentono obbligati ad essere costantemente al massimo sul piano fisico. Ciò può provocare il manifestarsi di cefalee, disturbi dermatologici o patologie respiratorie dovute a mancanza di “aria” vale a dire la libertà d’essere padroni del proprio tempo, delle proprie scelte. I figli sono spesso per i genitori una rivincita per ciò che non sono riusciti a realizzare nella vita o degli “oggetti” che si mostrano come trofei. Il pericolo è che i ragazzi si chiudano a riccio per difendere la loro privacy assumendo un atteggiamento rigido di difesa o al contrario si lasciano completamente andare, non reagiscono per ripicca nei confronti della famiglia. Il menage familiare non è soltanto un luogo di chiusure, conflitti, indifferenza, ma può essere anche e soprattutto una miniera d’energia che è in grado di darci salute e serenità. Ci sono delle piccole regole per ottenere buoni risultati. Niente polemiche a tavola, abituiamoci a mangiare in silenzio senza televisione, possibilmente, concentrandoci sul cibo o chiaccherando del più e del meno. Quando vogliamo che i nostri famigliari ci ascoltino troviamo il momento adatto e cerchiamo la disponibilità del nostro interlocutore. Evitiamo i pregiudizi: dirsi parole tipo – “so già quello che vuoi dire”- significa negare l’ascolto. Bisogna rispettare il silenzio dell’altro aspettando che voglia esprimersi liberamente. Non dare giudizi credendo di conoscere che ci sta di fronte ma più di tutto ascoltare senza pregiudizi e con amore.

 

Maria Pia Augusti, psicologa

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