L’analisi di Jacques Sapir

Jacques Sapir, membro straniero dell’Accademia delle Scienze russa, è uno degli osservatori più rilevanti del mondo russo, della sua economia e della sua storia. Ecco la sua reazione alle recenti operazioni militari lanciate dalla Russia sul territorio ucraino.

“Gli eventi della notte del 23-24 febbraio 2022 tra Russia e Ucraina sono gravi. La decisione della Russia di intervenire militarmente su larga scala e di effettuare operazioni militari in tutto il territorio dell’Ucraina è ingiustificata e, quindi, inammissibile. La difesa del popolo di Donetsk e Luhansk non giustifica in alcun modo una tale escalation e operazione. Naturalmente, l’ONU aveva stabilito che la grande maggioranza delle vittime degli scontri sulla “linea di contatto” erano persone sotto l’autorità delle repubbliche “autoproclamate”. Dal 2018 al 2021, 381 civili sono morti, 310 dei quali sul territorio delle due Repubbliche. Va ricordato che non c’erano dubbi sulle provocazioni delle unità ucraine. Tuttavia, queste provocazioni erano chiaramente in declino e, soprattutto, non avevano la dimensione del “genocidio”. L’esagerazione della dichiarazione mina la credibilità della narrazione russa. La presenza di truppe russe sulla linea di contatto che avrebbero dovuto essere ritirate (secondo gli accordi di Minsk-2), o anche la cessazione degli attacchi mirati sui mezzi dispiegati dalle forze ucraine lungo questa linea di contatto, avrebbero potuto ripristinare la calma. Allo stesso modo, il governo russo parla di “denazificazione” dell’Ucraina. La presenza di movimenti nazionalisti e neonazisti in Ucraina è una realtà nota e documentata. Ma questi movimenti rimangono una minoranza tra la popolazione e il governo. La realtà dell’Ucraina è piuttosto assimilabile ad un regime oligarchico, altamente corrotto, ampiamente penetrato da interessi privati stranieri e in parte dagli Stati Uniti, che ad un regime neonazista. Anche qui, la comunicazione del governo russo si scredita usando questo termine. Il governo russo adduce il precedente dell’intervento arbitrario in Kosovo. Bisogna ricordare che quell’azione degli Stati Uniti e della NATO costituì una vera rottura verso il governo russo. Yevgeny Primakov, diretto a Washington, fece deviare il suo aereo in volo per tornare a Mosca quando iniziarono i bombardamenti della NATO su Belgrado. I paesi della NATO, all’epoca, si sono riparati sotto la finzione della “guerra umanitaria” e hanno inondato la stampa occidentale di notizie false. Ma la guerra de facto condotta contro la Serbia non era affatto umanitaria e costituiva una palese violazione del diritto internazionale; una violazione alla quale, ahimè, la Francia ha partecipato (l’autore è francese, NdT). Il potere installato in Kosovo dalla NATO ha moltiplicato le esazioni; le une più orribili dell’altre. Così, per quanto questo precedente possa convalidare il riconoscimento unilaterale dell’indipendenza delle due repubbliche di Donetsk e Luhansk, di cui ho detto e scritto in diverse occasioni, non può essere applicato alle operazioni effettuate ora, dalla mattina del 24 febbraio. Dire che la NATO e gli Stati Uniti abbiano effettuato operazioni ingiustificate e quindi inqualificabili sulla Serbia, non giustifica affatto il presunto diritto della Russia di fare lo stesso in Ucraina. Ciò che risulta ingiustificato e indicibile nel primo caso rimane tale anche nell’altro. Il diritto internazionale è stato gravemente abusato dagli Stati Uniti e dai loro alleati dalla fine degli anni ’90. Dal Kosovo, quindi, all’aggressione contro l’Iraq nel 2003, alle operazioni in Libia e anche in Siria, quello che viene erroneamente chiamato il “campo occidentale” ha spesso liberamente ignorato le regole e le pratiche del diritto internazionale, con conseguenze disastrose per le popolazioni, come sappiamo per l’ Iraq in particolare, e conseguenze altrettanto disastrose per la stabilità regionale e internazionale. Ecco perché le condanne dell’attuale azione russa, da parte dei paesi NATO e degli Stati Uniti, comprese quelle della Francia e dei suoi leader, hanno un forte sapore di ipocrisia e si basano sulla scommessa dell’amnesia collettiva su quanto occorso nel passato. Ma quando un paese come la Russia prende posizione per la restaurazione di un ordine internazionale basato sullo stato di diritto (e a questo proposito dovremmo rileggere il discorso molto accurato del presidente Putin alla conferenza sulla sicurezza di Monaco nel 2007), non può permettersi ora di attuare punto per punto ciò che aveva giustamente denunciato. Invece di essere una norma, anche se imperfetta e certamente soggetta ad eccezioni, il diritto internazionale sta di fatto diventando uno straccio da strappare e brandire contemporaneamente da una parte e dall’altra. Questo può solo peggiorare la sicurezza di tutti, Russia compresa. La Russia aveva preoccupazioni di sicurezza sull’espansione verso est della NATO che erano, e rimangono, del tutto legittime. Ripeto e mantengo il punto. Sono i leader degli Stati Uniti e di alcuni paesi NATO ad essere responsabili di questo crescente problema di sicurezza in Europa. La mancata risposta sostanziale del governo degli Stati Uniti al progetto di patto presentato dalla Russia all’inizio di quest’anno, il testo stesso della risposta degli Stati Uniti presentato il 26 gennaio 2021, è stato un fattore aggravante, se non decisivo, nella percezione della situazione da parte del governo russo. Questo può aver convinto i decisori – e non c’è dubbio che la decisione sia stata collettiva – che non avevano più nulla da aspettarsi dalla parte avversa. Bisogna ricordare, però, che queste questioni si risolvono attraverso la diplomazia, e il dispiegamento di mezzi militari sul suolo russo non giustificano in alcun modo le operazioni condotte contro l’Ucraina dalla mattina del 24 febbraio; non solo e ancor più: tali operazioni possono rivelarsi controproducenti per gli interessi di sicurezza della Russia, a lungo termine. Pertanto, sono operazioni da condannare con forza. Ciò detto, i fili della diplomazia devono essere riannodati quanto prima. Le truppe russe devono cessare le loro azioni belliche il più presto possibile e ritirarsi dall’Ucraina, escludendo ovviamente le due repubbliche di Donetsk e Luhansk. Questo è un punto fondamentale, anzi un prerequisito, per la ripresa dei negoziati. Tuttavia, gli Stati Uniti e i paesi NATO devono accettare di prendere sul serio la loro responsabilità per la situazione rispetto agli interessi di sicurezza della Russia. Il 6 marzo 1991, i segretari di Stato del Dipartimento di Stato americano, della Gran Bretagna, della Francia e della Germania si sono incontrati a Bonn per discutere della sicurezza della Polonia e di altri paesi dell’Europa orientale. La Germania, tuttavia, essendosi riunita poco prima, non fu coinvolta. I britannici, gli americani, i tedeschi e i francesi erano tutti d’accordo su un punto importante: considerare “inaccettabile” l’adesione dei paesi dell’Europa orientale alla NATO. I risultati di questa riunione furono comunicati a Mikhail Gorbaciov. Finché i paesi della NATO e gli Stati Uniti non ammetteranno che il mancato rispetto di questa decisione è la ragione della crescente sfiducia della Russia nei loro confronti, una profonda sfiducia reciproca ostacolerà qualsiasi negoziato. Che piaccia loro o no, spetterà ai paesi della NATO e agli Stati Uniti fare il primo passo per dimostrare che il loro desiderio di raggiungere la stabilità nel continente europeo è sincero.

Traduzione di Cesare Spoletini

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