La sfida di Blu al mondo dell’arte

 

la sida di Bli al mondo dell'arte
Il murale Occupy Mordor, nel centro sociale Xm24 a Bologna, è stato cancellato

L’artista Blu (nato a Senigallia)

ha cancellato i suoi murales in polemica con le autorità di Bologna.

Sollevando domande sul ruolo dell’arte e sull’uso degli spazi pubblici

 

L’artista di strada Blu ha trasformato i muri di Roma, Berlino, Los Angeles, e di molte altre città in giro per il mondo, ma era soprattutto a Bologna che le sue opere offrivano una prospettiva politica sul paesaggio urbano. Ora queste opere non ci sono più, sono state coperte di vernice grigia. L’artista ha cancellato tutti i suoi disegni che erano sui muri della sua città adottiva per protestare contro la mostra Street art – Banksy Co, che è stata inaugurata il 18 marzo a palazzo Pepoli. “Non c’è più Blu a Bologna, e non ci sarà più finché i magnati magneranno”, ha scritto laconicamente Blu sul sito per spiegare il motivo della decisione. “Per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi”. Un link all’interno dello stesso messaggio rimanda a un articolo postato sul blog del collettivo di scrittori Wu Ming, che chiarisce il motivo della protesta: “Dopo aver denunciato e stigmatizzato graffiti e disegni come vandalismo, dopo avere oppresso le culture giovanili che li hanno prodotti, dopo avere sgomberato i luoghi che sono stati laboratorio per quegli artisti, ora i poteri forti della città vogliono diventare i salvatori della street art” .

A dicembre del 2015 Virginio Merola, il sindaco di Bologna, aveva ricevuto in comune una delegazione di volontari per ringraziarli di aver preso parte al progetto No Tag, lanciato dall’amministrazione di centrosinistra per ripulire la città dal “vandalismo grafico”. Nell’ambito di questo progetto, il comune aveva anche messo a disposizione degli amministratori di condomini un servizio gratuito per ripulire dai graffiti i muri dei loro edifici.

A distanza di qualche mese, laicità ospita una mostra dedicata agli artisti di strada organizzata da Genus Bononiae, un progetto culturale creato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Bologna, la principale banca della città. Lo scopo della mostra è “capire che le città vivono e comunicano anche attraverso un sovrapporsi non regolato di parole” sui loro muri e invitare “i visitatori a scoprire un nuovo modo di guardare e di relazionarsi allo spazio urbano”. Un obiettivo non molto diverso dall’attivismo di Blu, il quale però è convinto che solo l’artista possa agire senza l’approvazione delle istituzioni e usare la strada come galleria.

Le comunità locali e gli attivisti sono parte integrante del progetto artistico di Blu. Le sue opere spesso si trovano su edifici occupati e centri sociale (come quello della città di Senigallia poi distrutto – ndr) delle zone periferiche delle città, per documentare e denunciare i problemi legati alle politiche abitative in Italia. Perfino la cancellazione dei murales è stata possibile grazie alla partecipazione degli attivisti dello spazio autogestito Xm24 e del centro sociale Laboratorio crash. Secondo i racconti degli attivisti, la polizia ha fermato alcuni membri del Crash che stavano cancellando i murales di Blu.

Reazioni confuse

Con un’operazione paradossale, alcune delle opere d’arte che si possono vedere nella mostra sono state staccate dai muri su cui Blu le aveva realizzate e inserite nella mostra senza il consenso dell’artista. Fabio Roversi Monaco, presidente della fondazione cassa di risparmio di Bologna, ha detto che gli organizzatori hanno chiesto il permesso ai legittimi proprietari degli edifici abbandonati sui quali si trovavano i murales. Quando gli è stato chiesto a chi appartenevano le opere, ha risposto: “L’artista rimane l’autore, ma appartengono al proprietario dell’edificio”. Per quanto riguarda la differenza tra vandalismo e arte di strada, il patron della mostra è convinto che “chiunque è in grado di distinguere uno scarabocchio che deturpa un muro da un’opera d’arte”. Eppure forse alcuni dei graffiti esposti erano stati considerati atti di vandalismo quando sono stati realizzati.

La decisione di Blu di cancellare il suo lavoro svela le contraddizioni insite nel modo in cui la street art viene recepita. Soprattuto il fatto che, mentre un tempo i comuni volevano ripulire i muri dai graffiti, oggi non vedono l’ora di accelerare la gentrificazione delle città dandogli un aspetto più moderno. Davide Conte, assessore alla cultura del comune di Bologna, ha accolto la decisione di Blu come “una performance artistica stimolante che fa parte del discorso sul ruolo dell’arte di strada in corso da qualche anno nella nostra città”.

Giovanni Vimercati, The Guardian, Regno Unito

 

 

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