SONO COSE DI SINISTRA

SENIGALLIA SENZA “DIRITTI AL PRESENTE”

UNA CITTA’ DOVE IL LAVORO E’ SEMPRE PIU’ PRECARIO 

 

A dieci giorni dalla kermesse che La Città Futura ha voluto dedicare ai “Diritti al Futuro”, finita la festa, rimane la città così com’era. Non c’è bisogno di cercare negli anfratti: basta fare una vasca per il Corso tenendo gli occhi aperti per vedere quello che i dibattiti sotto il tendone non hanno saputo cogliere in nessun modo: una città senza “Diritti al presente”. Facciamo questa vasca e guardiamo non tanto le vetrine – in realtà sempre più standardizzate e misere; non le merci in esposizione: guardiamo le persone. Non glielo leggiamo in faccia, perché ci sorridono; e non sorridono soltanto a noi, ma anche, con ironia, alle quattro telecamere interne con le quali il proprietario del negozio può controllare con un monitor da casa “la fedeltà del dipendente”. Lui guarda e subito dopo l’uscita del cliente chiama:

“Perché non gli hai venduto niente? Perché non gli hai venduto quello dove abbiamo più margine? Possiamo immaginare con quale leggerezza e disinvoltura si può lavorare sotto quegli occhi multipli di ragno. La legge che permette le telecamere è il Jobs act di Renzi, ma l’invenzione non è nuova e non è nemmeno sua: risale al 1791, quando Jeremy Bentham concepì il “Panopticon”, modello di edilizia carceraria che avrebbe consentito a un unico sorvegliante di controllare tutti.

 

ma quali diritti al futuro?
Panopticon o Panottico è un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo Jeremy Bentham. Il concetto è di permettere ad un unico sorvegliante di osservare (opticon) tutti (pan) i carcerati senza far loro capire di essere controllati. L’idea ha avuto una grande risonanza, come metafora di un potere invisibile. Anche George Orwell per il suo “1984” si è ispirato al Panopticon.

 

Diritti al futuro, avete detto? Intanto un’avvertenza al presente: se siete un gruppo di persone, supponiamo ragazzi spensierati, frenate l’entusiasmo e non entrate tutti insieme per vedere qualcosa: magari nessuno ve lo ha detto, ma il lavoro delle commesse, soprattutto nel franchising, viene valutato in percentuale sul numero delle persone che entrano, registrato alla porta elettronicamente. Ogni volta che entrano in frotte la commessa trema; adesso anche i minori fatturati sono diventati giusta causa per il licenziamento. Tutto questo sotto un governo di centro-sinistra.

Ho detto commessa al femminile perché in genere chi serve il cliente (e fa mille altre cose) è una donna. Per questo spesse volte il confronto è difficile da fare; resta fermo però che le commesse del Corso, in quanto donne, vengono pagate il 30% di meno dei maschi, come è nella media italiana. Diritti al futuro, avete detto? Forse non per il Corso, ma in fabbrica per certo, ci sono donne che vanno in maternità e sono chiamate lo stesso a lavorare in orari invisibili; poi, fatto il pupo e uscite dal puerperio, vengono licenziate.

E poi le stagiste. La stagista si trova lì per imparare: non è stata una buona idea (della sinistra) quella di pagare il tirocinio, perché con la scusa di due euro all’ora adesso le fanno fare il lavoro pieno.

In realtà la loro vera paga è la speranza – probabile illusione – di sostituire in breve tempo le commesse che ci sono adesso. Da qui si intende bene quale armonia possa regnare in un negozio, e quanto un senso di precarietà sia avvertito da tutto il personale, anche quello a contratto.

Il posto di lavoro, per quanto mal pagato, è per molte vitale. Conosco più di un caso in cui il dipendente ha fatto un ciclo di chemio (di quelli che non fanno cadere i capelli) di nascosto, e intanto ha continuato a lavorare per non perdere il posto.

Ci sono commesse che, pur praticando un’attività continuativa, sono state pagate con i voucher. Adesso li hanno aboliti: speriamo almeno che la quota contributiva che lo stato ha trattenuto all’atto della conversione del voucher in euro non vada perduta.

Tutto questo succede per il Corso (come in ogni altro luogo del commercio in modo piuttosto generalizzato), e ci scusino quei pochi che rispettano il poco che resta da rispettare. Certe cosa una sinistra di governo le dovrebbe sapere e, sapendole, le dovrebbe impedire. Al termine del Corso, però, oltre il ponte del Porto, una sinistra tagliata su misura del divano conversava amabilmente di futuro.

 

Leonardo Badioli

5 thoughts on “Ma quali diritti al futuro?

  1. Tutto questo succede per il Corso (come in ogni altro luogo del commercio in modo piuttosto generalizzato)..Certe cose una sinistra di governo le dovrebbe sapere e, sapendole, le dovrebbe impedire. Al termine del Corso, però, oltre il ponte del Porto, una sinistra tagliata su misura del divano conversava amabilmente di futuro…VERO, PROPRIO VERO!

    1. Vorrei tenere aperto questo osservatorio. E’ così facile oltre tanti discorsi: devi solo continuare a meravigliarti. Se perdi questa capacità e accetti tutto quello senza meravigliarti, dopo un po’ non vedi più niente. Anche a prescindere da destra e sinistra in quanto parte in cui siedono i rispettivi in parlamento. Fuori, io vedo soprattutto sopra e sotto. Una volta lo chiamavano qualunquismo. Oggi lo chiamerei realtà.

  2. La Sinistra e la sua sempre più manifesta incapacità a rappresentare le persone, tutte, figuriamoci se è capace a difendere ancora i diritti dei più deboli, dei più esposti.

  3. Gentile Leo, il “meravigliarsi” credo sia, oramai, cosa per pochi, gli illusi e i folli. Sono stata illusa e anche folle, ma se voglio continuare a stare in questo mondo devo abbandonare tante velleità. Sono giovane sa? e per questo non credo di certo al gioco della destra e della sinistra, e se guardo “sopra e sotto” come dice lei, mi ritrovo spronfondata fino alla testa a forza di guardare in alto, perché io, e quelli che amo, siamo più sotto che mai, come non mai e non ci guarda nessuno!

  4. Gentile Gaia, vorrei darLe una risposta saggia, ma io saggio non sono. Mi fido così poco del mio pensiero che quasi mi vergogno prima di parlare. Ho solo scritto alcune cose che mi era parso di vedere perché mi è parso che fosse utile scriverle. Se sia utile e quanto non so; ma posso dire che il centramento non era mettere il dito tra destra e sinistra – che al momento attuale sono non-luoghi della disposizione dei seggi in Parlamento. Una cosa però la voglio dire. Una volta qualcuno ci ammoniva che non è buona cosa vivere come vegetali. Oggi invece comincio a pensare che un progetto di vita biologica meriti a pieno la nostra considerazione. In un periodo della storia contemporanea in cui la biosfera si va sempre più trasformando in tanatosfera, il più grande dispetto che possiamo portare ai potenti della terra è riuscire a farlo. Esattamente come certa graminacea molto tenace.

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