“La tenerezza che speravo” fino al 28 luglio 2018

La città francese rende omaggio a Giacomelli

In mostra le fotografie dalla serie Spoon River

 

 

Il parigino Robert Doisneau a Senigallia e il senigalliese Mario Giacomelli a Parigi. Non tante città del mondo si possono concedere un simile scambio.

« Quello che io cercavo di mostrare » diceva il parigino, « era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere. »

La mostra che si è aperta alla Polka Galérie sabato 9 giugno e che si chiuderà il prossimo 28 luglio, naturalmente non pareggia i conti, ma dispiega il tema caro al fotografo francese con una speciale dedica che il titolo riassume nell’espressione Hommage à Spoon River : “la tenerezza che speravo” declinata alla maniera del nostro Mario.

La vicenda poetica di Caroline Branson parla col linguaggio sognante di una speranza estratta da una tomba e già al primo verso piena di nostalgia e di rincrescimento – “With our hearts like drifting suns, had we walked / as often before, the april fields…” – e in questo porta con sé qualcosa di nostro, la fortuna speciale che i traduttori dell’Anthology di Edgar Lee Masters, da Cesare Pavese e Fernanda Pivano fino alla rigenerazione musicale di Fabrizio De André, hanno consegnato alla lingua italiana come per innestarla in un cuore che lo può capire. Perfino in America ci si meraviglia di quanta attenzione abbia riservato l’Italia quel loro poeta verso il quale fin dal primo apparire, nel 1915, avevano mostrato una certa indifferenza, per non dire sottovalutazione.

L’attenzione di Mario Giacomelli verso quella lirica in particolar modo si insedia in una fase di passaggio della sua ricerca dalla quale, a sentire i critici di allora, non sarebbe uscito vivo: del meglio di sé aveva già dato, e difficilmente avrebbe trovato il bandolo per rinnovarsi. Quanto la generalità si sia sbagliata lo dimostra il compendio a fine corsa dei tanti nuovi approdi cui la sua poetica per immagini avrebbe toccato. Lui stesso fu perplesso, sul principio, ma deciso e coraggioso nel tentare, per la prima volta, un tema tanto più lontano dall’enfasi ritrattistica quanto più lo si trovasse nascosto e in certo modo fuso con gli oggetti che lo accolgono.

Tuttavia la scelta di Mario non era, come per Doisneau quella della fotografia come “prova che questo mondo può esistere”; al contrario, il sogno e la realtà di “un matrimonio per bene” si sarebbero affiancati come opposti conseguenti, come lo sono nel binomio amore / morte.

Sta di fatto che una seconda fase di quella che è oggi la raccolta di Caroline Branson, prevista nell’ambiente freddo e convenzionale, volgare e risaputo di una mostra di mobili – “and there, oh night! deliberate! unlovely!” – inizialmente prevista, non fu mai realizzata. Sarà forse per il timore che il suo racconto assumesse un aspetto troppo denotativo, o anche per un ripensamento che, forse, non rispecchiasse il chiasmo che isola le tre fasi della lirica di Masters – amore, patto mortale, salvezza astrale – Mario continuò per anni, nella prima metà degli anni Sessanta, a lavorare sui primi dodici versi della poesia, e con caparbietà contro l’opinione di quanti reputavano il suo lavoro ormai privo di ispirazione. Il prodigio di immagini che per forza icastica non sono inferiori o addirittura sopravvanzano quelle precedenti e quelle che seguiranno, racchiude in sé il movente dell’omaggio specificamente dedicato che Parigi gli ha voluto dedicare.

Leonardo Badioli

 

Caroline Branson Spoon River ecomarchenews
Lirica “Caroline Branson” dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters

 

 

 

spoon river giacomelli ecomarche

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *