A Jesi, al posto della barbabietola da zucchero, si produce quinoa

 

nelle marche si produce quinoa

 

La quinoa (Chenopodium quinoa Willd) è uno pseudocereale appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae, che trova le sue origini nei pressi del lago Titicaca nelle regioni Andine del Perù e della Bolivia.

La quinoa (keen-wa) è la sola pianta alimentare che contiene tutti e nove gli amminoacidi essenziali (dunque è fondamentale nelle diete vegetariane e vegane), è ricca in minerali (fosforo, magnesio, zinco e ferro), ha un alto contenuto in proteine, micronutrienti e vitamine (C, E, B), non ha glutine (quindi può essere consumata anche dai celiaci), non è eccessivamente calorica (apporto di circa 368 kcalorie ogni 100 grammi), e ha la capacità di adattarsi a climi e ambienti ecologici differenti.

L’aumentata richiesta di questo seme sta tuttavia portando problemi ambientali e di sicurezza alimentare davvero seri in Bolivia, il Paese che, da sempre, ne è il maggiore produttore. Stanno diventando sempre più frequenti, infatti, le grandi monocolture per la produzione della quinoa che non solo inaridiscono i suoli con l’uso estensivo di fertilizzanti e concimi chimici, ma richiedono anche grossi quantitativi d’acqua per “accelerare” il ciclo biologico delle piantine. Questa scelta produttiva, sta mettendo in ginocchio intere produzioni alternative alla quinoa, che corrono il rischio concreto di sparire con conseguenze disastrose sull’equilibrio ecologico della Bolivia. A questo, poi, si aggiungono le sempre maggiori tensioni che derivano dalla corsa alla terra e che stanno sfrattando tantissimi piccoli coltivatori dai loro terreni. Come se non bastasse, poi, il prezzo di questo seme è addirittura triplicato nel corso degli ultimi anni. Il risultato è che sono moltissimi i boliviani che, oggi, non possono più permettersi un’alimentazione completa e bilanciata. Tutta una serie di ragioni che non fanno altro che spingerci verso il consumo responsabile di prodotti a provenienza locale. Almeno se non vogliamo che le nostre scelte alimentari gravino sul diritto al cibo di altri, lontani migliaia di chilometri, e sugli equilibri ecologici del pianeta. Fortuna vuole che la pianta di quinoa si adatti bene a climi e terreni anche molto diversi da quelli della loro terra d’origine, e nelle nostre zone, dove il clima è mite, la quinoa può essere coltivata senza problemi.

Quinoa Italia ha introdotto la coltivazione della quinoa con metodo biologico, sul territorio marchigiano, arricchendo la rotazione colturale delle produzioni regionali impoverite dalla dismissione della coltivazione della bietola da zucchero. L’introduzione della quinoa rappresenta al tempo stesso un’interessante fonte di reddito per il settore agricolo della regione Marche. Tutto questo anche se il suo prezzo internazionale è decisamente maggiore rispetto ai cereali più comuni, cioè frumento, mais, riso, orzo e avena; ed è una pianta di difficile lavorazione a causa dei semi molto piccoli, per cui sono necessarie tecniche di raccolta assai più impegnative rispetto, appunto, al mais o al frumento.

Ma il fascino delle specie esotiche, le loro particolari proprietà alimentari (elevato contenuto proteico e digeribilità ed estremamente bilanciati dal punto di vista nutrizionale) e l’ incremento delle richieste dei mercati, oltre alla possibilità di costituire una valida alternativa per i nostri agricoltori, sono tutti elementi alla base del loro attuale successo.

Quinoa Italia è prodotta da Quinoa Marche a Jesi e rappresenta un’idea imprenditoriale nata dalla passione di tre fratelli, Oriana, Samuele ed Emanuele Zannini per la campagna e per questo “super seme”. Un’esperienza interessante quella dei tre fratelli jesini che hanno costituito Quinoa Italia ed hanno cominciato a vendere i loro prodotti su Amazon. “Lo zuccherificio di Jesi ha chiuso – racconta Emanuele, professore presso la facoltà di Agraria di Ancona –  e la coltivazione della barbabietola da zucchero ha perso importanza. Abbiamo iniziato convertendo a quinoa 20 ettari, nel 2015 siamo passati a 120. I risultati sono promettenti anche se dobbiamo affinare la tecnica. Per esempio stiamo cercando di selezionare varietà dolci che non necessitino di un lavaggio”

 

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