L’ossessione dei bagni

Gli antichi erano, per così dire, ossessionati dal bagno. I Romani passavano gran parte del loro tempo alle terme; ma nelle terme scorreva acqua dolce. I Romani, che pure erano abili nuotatori, non “andavano al mare” nel senso moderno del termine. Località archeologiche termali in riva al mare, occupanti estensioni vastissime, non contenevano mai acqua di mare, comprendevano una rete immensa di canalizzazioni veicolanti soltanto acque dolci. E’ di estremo interesse, dal punto di vista culturale e di storia delle mentalità, osservare il fatto che i Romani, cosi come i Greci, pur avendo una così grande familiarità con la navigazione, non “andassero al mare”; e per contro l’osservazione che così di recente gli essere umani, nella loro evoluzione storica (almeno per quanto riguarda le civiltà occidentali) abbiano cominciato ad “andare al mare”. Quando e perché è avvenuta questa non trascurabile rivoluzione culturale? Con le visioni antropocentriche che si sviluppano dal XV secolo in poi, con l’Umanesimo, il Rinascimento, fino all’Illuminismo e al Positivismo si verifica il fiorire di concezioni filosofiche di tipo utilitaristico, finalizzate cioè al tentativo di fare qualcosa di concreto per il benessere, del corpo e della mente, degli esseri umani; qualcosa affinché gli uomini stessero, giorno dopo giorno, meglio, o quantomeno meno peggio, nella gestione della loro salute. L’utilitarismo “sanitario”, nella sua evoluzione storica, è sfociato inevitabilmente in ideologie edonistiche e addirittura in ossessioni salutistiche soprattutto tra il Settecento e il Novecento. In questi due secoli e mezzo si è sviluppata una visione della protezione della salute che è di tipo preventivo per cui la medicina, la società, le organizzazioni sociali devono pensare alla salute dei membri della propria comunità in termini preventivi, agendo quindi sulle malattie, ove possibile, non quando queste si siano manifestate ma prima che si manifestino. Qui interviene la distinzione sottile tra prevenzione medica e salutismo: la prevenzione combatte la malattia per non farla avverare, il salutismo è ossessionato dalla malattia, la deve masochisticamente “gustare” anche prima e anche senza che si verifichi: il salutista tipico non sopravviverebbe senza la prospettiva della “sua” malattia. Precisiamo questo sul salutismo perché è il salutismo il terreno di coltura ideologico nel quale nasce, di fatto, il moderno “andare al mare”, dapprima terapeutico ed oggi turistico.  In un bellissimo film del 1994 di Alan Parker: “Morti di salute” (“The Road to Wellville”) il delirio salutista si incarna perfettamente nel protagonista, il Dr. Kellog (personaggio realmente esistito, inventore dei famosi corn-flakes), proprietario di una sorta di clinica “preventiva” nella quale i clienti-pazienti si sottoponevano, nel culto di una “Salute” astratta, alle vessazioni più incredibili, ai massaggi più improbabili, alle macchine più strane.

LA TALASSOTERAPIA

Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento si diffonde quindi l’idea che la salute fosse qualcosa da difendere con estrema, anche se spesso infondata, aggressività, non aspettando le malattie ma promuovendo grandi strutture simil-ospedaliere molto costose, che ospitavano comunità elitarie formate da veri e propri forzati del benessere. In questa ideologia, come detto, nasce lo sfruttamento curativo e balneare del mare, o meglio, dall’inizio, soltanto dell’acqua di mare, opportunamente convogliata all’interno delle strutture. Andare al mare agli inizi dell’era turistica, cioè nell’Ottocento, voleva dire “ricoverarsi” in una struttura termale di concezione salutista e con pratiche salutiste. Ben presto, tuttavia, queste consuetudini para-sanitarie divengono una moda; e il fatto diventare una moda popolarizza il fenomeno, e in qualche modo lo “democratizza”, facendo sì che quell’ideologia salutista, che trascinava i primi clienti abbienti agli stabilimenti marittimi alla Dr. Kellog, per passaggi successivi dia origine alla cosiddetta moderna civiltà turistico-balneare. Andare in spiaggia all’inizio era una cura, subito dopo è diventata una moda per élite, poi una consuetudine per molti e infine una possibilità per tutti. Si è così gradualmente sovrapposte all’originaria connotazione clinico-salutista le moderne forme di quel fenomeno straordinario, tipico ed unico della civiltà contemporanea, che è la cultura turistica.   Fenomeno “migratorio” moderno, socio-culturale di massa, grazie al quale centinaia di milioni di persone al mondo si spostano ogni giorno e periodicamente, in continuità mossi da qualcosa che non è mai esistito prima nella storia dell’uomo.

1750: L’INVENZIONE DEL MARE

Tutto comincia in Inghilterra dove un certo signore, un medico di nome Richard Russell (1687-1759), definito dal Michelet in termini pittoreschi “L’inventeur del la mer”, dà inizio nel 1750 al periodo moderno della talassoterapia. In quell’anno egli pubblica infatti due opuscoli: “De tabe glandulari, sive de usu aquae marinae in morbis glandularum” e “On the use of sea water”. In queste opere Russel afferma che: “bisogna bere l’acqua di mare, farvi il bagno, mangiare tutte cose marine nelle quali è concentrata la virtù del mare”. In queste parole è evidente sia l’atteggiamento tipicamente aggressivo del fanatismo salutista sia a sorta di estremismo classicheggiante, che ritroveremo, emblematicamente, in un campione della cultura ottocentesca come Heinrich Schliemann (1822-1890) il quale, durante le dure ricerche che lo portarono alla scoperta di Troia e di Micene, ispirandosi ad Omero e alla sua aurorale fede per il mare, condusse un’esistenza a base di frutta fresca e pesce e curò piaghe e irritazioni prodottesi durante gli scavi, esclusivamente con acqua di mare. Cosa dunque il Russell di proponeva di curare con il mare? Quasi esclusivamente la piaga secolare della tubercolosi, e soprattutto della tubercolosi ghiandolare, la scrofola, malattia con imponenti tumefazioni delle ghiandole del collo, le quali erano dolorosamente destinate a suppurarsi ed ulcerarsi, in un’evoluzione cronica e inarrestabile.  Questo tipo di malato, grave e pressoché incurabile con i mezzi del tempo, traeva un grandissimo giovamento nell’ “andare al mare”. E questo medico, il Russell, in una vicenda di tipico sapore anglosassone, non solo lo scoprì e lo pubblicò, ma fondò anche un’azienda termale marina divenendo così imprenditore delle proprie teorie.  Egli si fece socio in quest’impresa con il Duca di Cumberland: il Duca mise i soldi e Russell la sua scienza e fondarono a Brighton, sulla spiaggia, il primo stabilimento curativo balneare della storia: il Royal Holdan Hotel, un ospedale sulla spiaggia per malati gravi che vi si curavano e non di rado guarivano. L’andare al mare per motivi salutari e poi turistici nasce dunque in Inghilterra, a Brighton e subito di seguito negli stabilimenti balneari dell’Isola di White.

Dall’Inghilterra si passa alla Germania, dove troviamo il primo stabilimento balneare del 1794 ad Oberand e nel 1826 nell’Isola di Elgolen. Dalla Germania si passerà poi al Belgio, all’Olanda, e così scendendo geograficamente verso Sud.

 

l'ossessione dei bagni: la talassoterapia
photo di Ferdinando Scianna

IL TURISMO BALNEARE IN ITALIA

Il turismo balneare stranamente nasce in paesi freddi perché “fare il bagno” in Inghilterra non significava (come già accennato) “fare un bagno nel mare”, ma “fare un bagno nell’acqua di mare” la quale veniva captata e convogliata dentro strutture di tipo ospedaliero, veniva scaldata, nebulizzata e fatta bere. La moda si espande però inesorabilmente verso il Sud dell’Europa e verso i mari dove l’acqua è calda di per sé.  I paesi del Mediterraneo che oggi sono quelli tipici del turismo balneare, vengono per ultimi a causa di evidenti motivi culturali ed economici: maggior frammentazione e minore sensibilità delle classi elitarie (prime fruitici storiche della talassoterapia) e minore prontezza ad intraprendere ed investire da parte di chi dispone del capitale.  Cosa succede in Italia? Nel 1817 inizia in termini culturali la civiltà balneare in Italia allorché viene pubblicato un trattato di Alexander Peter Bucan medico scozzese che fu allievo del Russell. Nel 1828 seguono i fatti. A Viareggio grazie agli interventi di un medico lucchese che aveva entrature presso politici, sindaci e banchieri, viene fondato lo stabilimento balneare, anche in questo caso sempre fortemente connotato in termini salutistico-ospedalieri. Intorno al 1840 a Venezia troviamo un altro chirurgo, Tommaso Rima (1775-1843) il quale fa costruire presso la Chiesa della Salute un “bagno galleggiante” fisso su pontoni con una vasca di circa dieci metri per sette. La Sirena invece era una barca, ideata pure dal Rima, riservata alla talassoterapia delle “gentili bagnatrici”, segno della crescente importanza sociale delle donne. I primi capanni al Lido di Venezia vengono costruiti nel 1887 e di qui si diffondono lentamente in tutta Italia segnando anche visivamente il passaggio da un bagnante malato grave che sta chiuso dentro un ospedale costruito sulla spiaggia ad un bagnante non necessariamente malato che se ne sta disteso al sole sulla spiaggia.

SENIGALLIA, LA SPIAGGIA E IL NOVECENTO

Seguono infine dal 1850 in avanti gli stabilimenti curativo-balneari di Senigallia, Napoli, Livorno, Trieste, Rimini, Ancona, Pesaro.Si trattava già di situazioni strutturalmente e socialmente intermedie (un po’ come nelle grandi città termali della tradizione mitteleuropea) tra la finalità medica e quella turistico mondana. L’8 maggio 1853, a Senigallia, con l’autorizzazione del Delegato pontificio, regnante il Papa Pio IX, si costituisce la “Società anonima per lo Stabilimento dei Bagni marini”. Il 25 giugno 1866 lo Stabilimento Bagni viene ampliato; nel 1878 succede una cosa straordinaria, viene costruito il grande Albergo Roma, per iniziativa e proprietà del Comune di Senigallia. L’Albergo Roma di Senigallia incarna, in tutto il suo glamour, i fasti de una mondanità tipicamente Belle Epoque. A Senigallia nel 1904 ha luogo, imperniata attorno all’Albergo Roma, l’ “Esposizione Generale Marchigiana”; il 30 luglio viene inaugurata dal ministro Luigi Rava.  Al Teatro “La Fenice” lo stesso Pietro Mascagni dirige la prima della sua opera “Iris”. Il 2 agosto viene inaugurato nel salone dello Stabilimento Bagni il cinematografo. L’avvenimento più importante però, per Senigallia, si ha il 6 agosto, quando all’improvviso si accendono nella città le luci elettriche e ci fu luce dappertutto, grazie all’energia elettrica ottenuta dalla ditta Beretter di Milano, con un generatore termico Tra il 1915 e il 1930 l’Albergo Roma va incontro ad una progressiva decadenza, fino alla chiusura definitiva. Ma il suo significato straordinario dal punto di vista della storia del turismo balneare rimane intatto; infatti, l’Albergo Roma non solo non è un ospedale sulla spiaggia, per malati che vanno al mare per curarsi, ma è un albergo di lusso per bagnanti perfettamente sani e molto ricchi che vanno al mare certo per curarsi ma anche e soprattutto per divertirsi; un albergo simbolo che non è neppure posto sulla spiaggia, ma vicino ad essa, a ridosso del centro storico: un quadro che, sia pur provvisoriamente, preconizza l’evoluzione sociologica da un turismo balneare puro e semplice al moderno turismo culturale. Così nasce a Senigallia il Novecento. In questi eventi vediamo bene come si congiunge la tradizione curativa balneare con la nascita del nostro secolo. L’editto comunale che informa sul Nuovo Stabilimento di Bagni Marini a Senigallia, potrebbe esserne l’atto di nascita: “Se ogni città che sorga presso le acque marine deve corrispondere al beneficio che offre la natura con l’apprestare ai suoi abitanti ogni desiderevole comodità per l’uso dei bagni che la pubblica igiene universalmente raccomanda, Senigallia più di ogni altra sentiva questo debito per dimostrare ai tanti forastieri che concorrono alla sua celebre Fiera Franca, la propria sollecitudine del loro benessere. Il pubblico voto è ora compiuto.”  (CECILIANI, G.; StabilimentoBagni di Senigallia – Splendore e declino (a cura di Giuseppe Minardi); Senigallia, Minardi Petroli, 1985. Da quest’opera è anche tratta tutta l’iconografia).

 Olivio Galeazzi

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