Ce l’ha fatta sentire lungo tutta la campagna elettorale quella certa canzone che aveva nel refrain una insistente richiesta di baci; e si può anche comprendere il motivo che induce un bell’uomo a valersi di tutte le sue qualità per convincere l’elettorato a preferirlo; appena eletto poi, con largo plebiscito, ce lo hanno rammentato le wags di Vivi Senigallia innalzando nella sala del Consiglio un cartello che portava scritto: “Baciami ancora Mauri”: istanza sacrosanta di cui dà testimonianza lo stesso magazine dell’amministrazione comunale, ognora sensibile al problema delle pari opportunità.

In capo a cento giorni dall’insediamento, tuttavia, mi sono accorta con molto piacere che la baciosità del Sindaco di tutti non era solo una maschera di convenienza, ma una pratica politica per lui naturale che lo rende anche, in modo specifico, Sindaco di tutte.

L’ho seguito – lo ammetto – una tipica mattina in cui si reca alle incombenze del palazzo: con intento documentativo si capisce, dando fondo però a quella curiosità che permette al mio genere di cogliere un sacco di particolari. Il nuovo sindaco arriva a piedi presto – l’ha detto lui stesso che lo impone la mole di lavoro – ma per niente trafelato, scende in cima al corso e lo attraversa zigzagando in modo da non trascurare l’un versante e l’altro: un bellissimo spreco di tempo si potrebbe definire questo suo passaggio che segue l’ispirazione della canzone elettorale; in realtà un cambiamento di stile dell’essere sindaco. Non più i sorrisi limati e i mezzi profili alla Lilli Gruber ai quali ci avevano abituati le due amministrazioni precedenti, ma il franco, soddisfatto, amichevole, risoluto porgere del giovane uomo che si è caricato sulle spalle la responsabilità di tutti noi e di ognuno di noi.  Elegante nel suo completo scuro, con la giacca mollemente slacciata in modo da lasciar intravedere attraverso una camicia anch’essa sbottonata (quando non sia guarnita di un’enorme, formidabile cravatta azzurrina) il corpo tonico e scolpito che vi è contenuto; e abbronzato come si conviene al primo rappresentante di una città che tiene moltissimo alla Bandiera Blu. Passo e labbro volitivo sono quelli di un uomo del fare, ma lo sguardo un tantino sollevato lascia intendere un pensiero ispirato, che vede lontano, oltre le nostre teste.

La mattina è abbastanza fervida in città anche dopo serate come queste che riempiono le vie di vita, di suoni, di colori. Riprende la trama quotidiana; io seguo il sindaco Mauri passo passo a rispettosa distanza per non farmi vedere che lo osservo. Lui incede con ampia falcata ed elargisce saluti, entra nei negozi, stringe mani e bacia le signore; poi giunto in Piazza Roma si intrattiene – non so se è soltanto stamattina – fino alle nove e mezza, segno evidente che ha cose importanti da fare a contatto diretto della cittadinanza. Seduta a un tavolino lo osservo mentre parla amabilmente con più d’una persona e trovo il tempo di pensare che un sindaco bello si addice alla spiaggia di velluto: un sindaco magari povero considerati i tempi, ma almeno che sia alto come Garko e capace di sbarcare per il Caterraduno senza impaccio e con disinvoltura. E pensare che c’è gente che per avversione politica o interesse particolare non gli riconosce nemmeno tutta questa bellezza: eh no, dico io, lo spirito di parte non può arrivare a tanto! E sono convinta che in cuor suo chi lo critica lo fa solo per invidia, come la volpe (loro) e l’uva (lui).

Vicino a me ha posato le biciclette e si è seduto un gruppetto di ragazzi e ragazze che potrebbero essere tedeschi o olandesi; e mi accorgo che lui sta guardando in quella direzione. “Può essere”, mi viene da pensare, “che adesso per amor di turismo il nostro sindaco bacia anche gli stranieri?” E’ un momento, però, che si dissolve perché adesso ho l’impressione…non so… però mi pare… incrociamo lo sguardo e in fronte a quello io mi sento volpe come mai sono stata. Mi confondo, smarrisco ogni forma di logico pensiero e mi accorgo con qualche meraviglia che anch’io sto mormorando sottovoce il refrain della canzone che lo ha fatto vincere. Baciami ancora, Mauri.

                                                                                               (scritto nell’agosto del 2010 da Anna Foschi)

                                                                                                                        

 

 

 

 

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