Domande e risposte

2 Aprile 2020

Luca Ceriscioli, Governatore della Regione Marche
Sandra Amurri, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”

La giornalista Sandra Amurri per il Fatto Quotidiano rivolge alcune
domande al presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli.


Su Bertolaso, cui anche le Marche hanno affidato il compito di
realizzare un ospedale per cento posti di terapia intensiva, dal
costo di 12 milioni di euro frutto di donazione. Una decisione che
suscita molti interrogativi.


“L’esperienza di Bertolaso nell’emergenza e la sua capacità di trovare
soluzioni rapide è indiscutibile come dimostra l’ospedale alla Fiera di
Milano realizzato in 12 giorni – spiega Ceriscioli –. Con il suo staff
collaboreranno la dirigente generale dell’Asur, il direttore generale
degli Ospedali Riuniti, il direttore delle Malattie Infettive, della clinica
di rianimazione dell’Università di Ancona, il segretario generale,
architetti e ingegneri della regione”.


Eppure di Bertolaso va anche ricordata l’esperienza non proprio
esaltante della ricostruzione post sisma dell’Aquila.

“Ombre che, sono certo, non scenderanno di nuovo su questo progetto che vorrei dedicare al personale medico e paramedico che sta affrontando con sacrifici disumani questa situazione. A giorni verrà rafforzato dall’arrivo di 22 medici, a cui ne seguiranno altri 46”.

Il magistrato Vito D’Ambrosio, già presidente della Regione Marche, si chiede perché la gestione della raccolta fondi di privati venga affidata alla onlus maltese.

“Non siamo di fronte a un’organizzazione clandestina. La onlus fa parte dell’elenco centrale delle strutture operative della Protezione Civile, tant’è che quando ne parlai con Angelo Borrelli non sollevò obiezioni, visto che le procedure a cui debbono sottostare, per quanto semplificate, richiedono tempi ben più lunghi delle onlus, che sono un patrimonio civile del Paese”.

Perché non utilizzare, ad esempio, l’ospedale convenzionato Santo Stefano del Gruppo Kos (De Benedetti), appena inaugurato, che dispone di 100 posti letto?

“Perché i posti letto sono frazionati su più piani, nessuna delle strutture esistenti possiede caratteristiche adatte a realizzare uno spazio di gestione di queste dimensioni, necessario a ospitare pazienti in terapia intensiva: occorreva una struttura da progettare, sicura e funzionale alla rete ospedaliera regionale”.

E a fine emergenza di questo corposo investimento cosa resterà?

“Tante vite salvate affette da Covid, e persone affette da altre patologie che, decongestionando gli ospedali, potranno riprendere in tempi brevi l’attività programmata. Inoltre gran parte del materiale donato – generatori elettrici, ventilatori, impianti di gas biomedicale, letti e monitor che resteranno patrimonio della Regione –, servirà per rinnovare e integrare l’esistente”.

Grazie alle misure di contenimento sembra che il virus stia rallentando la sua folle corsa, non basta l’ospedale da campo della Marina militare che sorgerà a Jesi da oggi e quello cinese prossimamente?

“L’ospedale militare essendo a bassa intensità di cura, sarà utile per alleggerire il carico dei ricoverati; quello cinese avrà un’intensità più elevata, ma solo 10 posti letto di terapia intensiva. Ma in base ai dati elaborati dal Gores (Gruppo emergenza sanitaria regionale) sull’andamento dell’epidemia, che ipotizza il picco fra il 10 e 12 aprile, il fabbisogno di ricoveri crescerà di 65 posti di terapia intensiva e di 120 in semintensiva”.

Come mai ad esempio l’Emilia – Romagna non ha avuto bisogno di ricorrere a Bertolaso?

“L’Emilia-Romagna ha un’estensione diversa dalle Marche e in proporzione, un diverso impatto: mettendo in campo l’intero sistema regionale riesce a far fronte all’emergenza con una potenza di fuoco diversa dalla nostra”.

O, forse, perché l’Emilia-Romagna ha ascoltato meno le sirene della sanità privata?

“Le Marche contano su un esiguo peso della sanità privata che, grazie all’accordo con l’associazione Aiop, stanno utilizzando per pazienti no Covid”.

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