In una lettera inviata agli studenti delle Marche, Marco Ugo Filisetti ricorda le vittime della Grande Guerra usando toni nostalgici e termina con il “Presente!” caro ai neofascisti. Insorgono l’Anpi, i genitori e i deputati ne chiedono la rimozione dall’incarico. La lettera shock porta la firma di Marco Ugo Filisetti, direttore generale dell’Ufficio scolastico delle Marche. Una comunicazione inviata dal dirigente “agli studenti delle scuole marchigiane” (oltre 1.700 istituti) il 4 novembre, in occasione della Giornata dell’Unità nazionale e delle forze armate (la data ricorda l’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti e la resa dell’impero austro-ungarico nella Grande Guerra).

Agli studenti delle scuole marchigiane, 4 novembre 1918 – 4 novembre 2020

“In questo giorno il nostro reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la loro vita per la Patria, una gioventù che andò al fronte e là vi rimase.

Una gioventù lontana dai prudenti, dai pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire: “Io c’ero”. Giovani che vollero essere altro, non con le declamazioni, ma con le opere, con l’esempio, consapevoli che “Un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee. Non solo le confessa e le professa, ma le attesta, le prova e le realizza”.

Combatterono per dare un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino.

Per questo quello che siamo e saremo lo dobbiamo anche a Loro e per questo, ricordando i loro nomi,  sentiamo rispondere, come nelle trincee della Grande Guerra, all’appello serale del comandante: PRESENTE!

Ancona, 4 novembre 2020.  Il Direttore Generale Marco Ugo Filisetti

Risposta

Il fervorino inviato dal Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale Marco Ugo Filisetti “Agli Studenti delle Scuole Marchigiane” in occasione del 4 novembre, avrebbe meritato ben altra autorevolezza che non la sua. L’invito a sollevare “il nostro reverente pensiero” verso coloro che “dettero la loro vita per la patria” avrebbe come minimo richiesto che fossero evitate goffaggini e sgrammaticature – “una gioventù che andò al fronte e là vi rimase”; “un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino”. 

Ergerlo poi sopra la loro sventura a paragone di altra gioventù – quella “dei prudenti, dei pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire «io c’ero»”, ci introduce in un suo personale universo nel quale nessuno, alla prova, verrebbe probabilmente risparmiato, nemmeno gli stessi seicentomila caduti sul fronte orientale: la gioventù del quindici-diciotto infatti non andò in guerra perché “poco prudente”, o perché “impavida”, ma perché richiamata alle armi pena la diserzione; e, per quanto la riguarda, finita la guerra la generazione dei reduci scese molte volte in strada per dire «io c’ero».

Un bel tacere sarà sulle idee del Direttore Generale a proposito di martirio e di veri uomini: l’albionico Betrand Russell ci ha insegnato a non morire per esse, perché potrebbero essere sbagliate.

Che poi un direttore scolastico indugi in una sua rêverie come quella dell’appello serale, e la proponga come modello per la gioventù scolastica, gli fa forse trascurare che il principio giuridico di tutta l’azione del Comando Supremo in guerra fu sempre quello della “giustizia punitrice”, rapida, severa ed esemplare, sostegno e complemento della disciplina. E’ così che Filisetti governerebbe la scuola, sullo schema militare da lui chiamato a modello?

Noi invece preferiamo, Direttore Generale, andare dritti a casa / senza più pensare / che la guerra è bella / anche se fa male. Non solo: rinunciamo anche a chiudere il cerchio della sua rêverie tutta al maschile, richiamando anche quella contadina / di cinquant’anni e cinque figli / venuti al mondo come conigli / partiti al mondo come soldati / e non ancora tornati.

Oltretutto, Generale, la risposta “Presente” sarebbe, per la scuola alle attuali condizioni, un paradosso involontariamente comico, nel mentre si chiede in tutti i modi di essere “assenti”, o diversamente presenti. 

Ogni volta che annualmente le occorre di commemorare la giornata del 4 novembre, sempre meno la cultura attuale crede di ricordare l’anniversario di una vittoria, o di esaltare l’obbedienza agli istituti militari, ma solo, nel compianto, il sollievo che la più grande tragedia del secolo fosse in quel giorno finita. 

Leonardo Badioli, insegnante emerito nelle Scuole Elementari Statali

3 thoughts on “Il messaggio copiato dal duce

  1. Fa venire i brividi quanto la memoria dell’uomo sia breve e che, a distanza di un secolo, ci ritroviamo gli stessi scenari dittatoriali che bussano alle porte. Quelli che ieri erano nascosti a guardare da dietro oggi iniziano ad avere il “coraggio” (non nel senso nobile del termine) di uscire. Quello che fa ancora più indignare è che siano le Istituzioni a parlare, ieri un Presidente di Regione, oggi il Direttore dell’Ufficio Scolastico…Nessuno dice nulla? E’ un reato. La nostra amata Costituzione vieta la riorganizzazione Nazionale Fascista e ne condanna ogni tipo di apologia.

  2. ogni commento mi sembra superfluo. Colgo l’occasione per chiedere un contatto poiché sul Vostro Eco ho visto un dipinto di cui sono interessato a conoscere l’autore, nome del dipinto “Caccia al bove”, grazie distinti saluti.

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