Il 23 maggio avrebbe compiuto 60 anni

Andrea Pazienza (San Benedetto del Tronto23 maggio 1956 – Montepulciano16 giugno 1988)

oltre vent'anni senza pazienza

Oltre vent'anni senza pazienza. Un ricordo del fumettista
Andrea Pazienza nel 1974

 

Certo è che stare a Bologna in quegli anni e chiamarsi Pazienza è tutt’uno col trovarsi un destino segnato. “La pazienza ha un limite, Pazienza no” era una frase che ripeteva spesso e proprio questo non aver limiti ad Andrea Pazienza, forse il fumettista più famoso di tutti i tempi, è costato caro. Aveva uno slancio vitale esagerato. Tutto ciò che era vita lo appassionava. Ma la voracità di impadronirsi e sperimentare sempre tutto, l’eccesso e la sregolatezza, ce lo hanno portato via molto presto, troppo presto. Aveva solo 32 anni e sarebbe, con molta probabilità, diventato ancora più grande, ancora più famoso, ancora più bravo.

L’artista è uno sperimentatore dell’esistenza, sollecitato a trafugare la sua anima e lui in mezzo alle sue tempeste e ai suoi tormenti emergeva sempre. Un guazzabuglio di idee raccontate con una poetica colta e traboccante e una abilità nel disegno eccezionale.

Questo era Andrea Pazienza, Paz, riconosciuto e ammirato in vita, elevato a mito dopo la morte.

Nasce nel 1956 a San Benedetto del Tronto, ma abbandona ben presto la riviera delle palme per trasferirsi a Bologna.

Bologna negli anni ’70 era piena di stimoli, captava le anticipazioni e percorreva in campo artistico le diramazioni più lontane. Per chi l’ha vissuta, un momento storico esplosivo e dirompente.

“Bologna in quegli anni era un incrocio di possibilità. Nomi rilevanti anticipavano la scena culturale. Non erano rari gli esperimenti di Cultura Underground. Basti pensare alla nascita dei primi Centro sociali, alle radio libere, Radio Alice, alla rivista Cannibale con la quale Andrea ha iniziato”. Abbiamo incontrato Enea Discepoli, fondatore dello studio Zelig a Senigallia e amico di Andrea Pazienza. “Ci siamo conosciuti a Bologna ai giardini Margherita. Lui studiava al Dams e voleva realizzare una mostra di suoi disegni satirici, ma a scuola non gli avevano dato lo spazio e così scelse i giardini. Appese le sue strisce con mollette da bucato”.

Paz rappresentava indubbiamente la “controcultura” giovanile, di segno protestatario, coltivata specialmente nei campus delle Università e nei centri intellettuali.

Paz era straordinario nel dare vita ad una sequela di comics dissacranti ricorrendo a tematiche quotidiane di vita, espresse con una tecnica grafica rivoluzionaria, aggressiva.

“Gli strips di Andrea erano incisivi, provocanti, anche se non schierati politicamente. Una notte dei comunisti lo picchiarono perché accusato di non fare quanto avrebbe dovuto. Lui scherniva anche loro, disegnandoli con barbe lunghe, scuri e sporchi. Sempre molto goliardico, senza prendersi mai troppo sul serio, beffeggiava chi lo faceva. Aveva quella leggerezza che è dei grandi”.

In Pompeo, racconto molto forte e anche doloroso, Enea Discepoli appare. Paz disegna un loro aneddoto. “In Corea trovai una fantastica armatura da Samurai a poco prezzo. Sapendo che Andrea andava pazzo per l’arte della spada, il Kendo, gliela comprai. A lui piacque tantissimo, come gliela diedi la indossò. Eravamo ad una festa, ubriachi, lui se la mise. Un’altra volta la indossò ad Alcatraz, la libera Università fondata da Jacopo Fo, insieme fecero un incontro di Kendo. Fu una notte folle”

Vivere con Andrea significava stare nella migliore delle sue vite. “Vivemmo insieme per qualche tempo in un appartamento di via Emilia Ponente…era sempre garbato. Anche quando era depresso ti veniva voglia di coccolarlo. Non era mai collerico anche quando gli mancava la roba”.

Era bravo, simpatico, bello e generoso, ma era un tossicodipendente. “L’eroina gli dava la forza. A lungo ti annienta, ma lì ti rende invincibile”.

Era il più grande per immediatezza, per freschezza di storie. Fu tra quei pochi che diede dignità alla letteratura d’immagine, giudicata inizialmente solo per il consumo popolare. Le sue opere di rottura venivano considerate un “fare arte” e affermavano, finalmente, con orgoglio il significato dei comics come mezzo espressivo culturale.

“Il suo gruppo della rivista Frigidaire rappresentava la voce principale di questo nuovo movimento di letteratura disegnata. Fino ad allora il fumetto era considerato cosa da bambini. Andrea viveva in presa diretta delle avventure che trasformava abilmente in fumetto. La sua forza era anche quella di avere una vasta cultura di base letteraria. Aveva un alto senso dell’esistenza. Era curioso di tutto, ma molto pigro, a lui non piaceva lavorare. Ricordo una volta a Cesena. Gli avevano commissionato un murales in una piazzetta molto bella. L’inaugurazione era di domenica. Arrivammo il lunedì prima. Il primo giorno niente. Martedì per pigrizia ancora niente. Il mercoledì aveva finito la roba. Il giovedì il pusher ancora non si trovava. Il venerdì arriva il rifornimento. Sabato può iniziare a disegnare. Di notte, sul ponteggio si fa accendere i fari. Il giorno dopo appare uno Zanardi a cavallo meraviglioso. La criniera lunga, Zanna vestito da pellerossa. Da rimanere a bocca aperta. 40 metri quadrati di grande valore. Grande capacità tecnica”.

Zanardi è tra i suoi personaggi più noti.  Si pensa che Pazienza sia Zanardi e viceversa. Chi è il personaggio tra i due? A lui piaceva rimanere in questa ambiguità non risolta. “In realtà c’è poco di Andrea in Zanardi. Non era così cinico. Lo identifico più con un altro personaggio che è Colas, Colasanti. Zanna era una caricatura con questo naso aquilino da rapace. L’occhio chiaro, vitreo che denota fascino. Una certa incoscienza esistenziale, capelli disordinati, il codino e fa le peggio cose. Con la caratteristica di avere poteri di telepatia”

Di Andrea “Paz” Pazienza rimane tanto materiale, ci ha lasciato tanti disegni. “Faceva ritratti, caricature e poi te le donava. A me spediva cartoline”

Generoso e anche un po’ dandy, era bello e gli piaceva vestire bene, amava la bella vita, le moto, lo champagne. “L’ho visto senza un soldo e poi il giorno dopo con un’auto rosso fiammante. Diceva che era talmente facile fare soldi e doveva esserlo ugualmente spenderli”.

La sua una fiammata, una vita intensa. 

 (letizia stortini)

il 23 maggio avrebbe compiuto 60 anni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *