LA FABBRICA DELLO STERMINIO

Storie documentate di vita vera degli internati di Auschwitz

Marta Czock – La fune

 

“In questo luogo è proibito tutto, non già per riposte ragioni, ma perchè a tale scopo il campo è stato creato” (Primo Levi)

 

 

di  Enrico Stolfi

Oswiecim (chiamata poi Auschwitz dai tedeschi) fu una tra le prime città occupate dalle truppe naziste nei primi giorni dell’invasione della Polonia. Controllata dalle truppe tedesche dal 4 settembre, a seguito della ridefìnizione dei confini delle terre “germaniche” elaborata il 26 ottobre, venne inclusa nell’Alta Slesia orientale annessa al Terzo Reich. La presenza di un importante nodo ferroviario, il fatto dì essere poco popolata (1.200 abitanti) e l’esistenza degli edifici dell’ex caserma dell’esercito polacco segnarono per sempre il destino di questa località, trasformandola nel simbolo del crimine nazista: la fabbrica dello sterminio.  Il 27 aprile 1940 è la data in cui l’SS-Reichsführer Heinrich Himmler (comandante supremo delle SS), scelse come possibile luogo di concentramento la caserma dì Oswiecim, suddivisa in 22 edifici di cui 8 a due piani. Himmler ordinò i lavori per ampliarne la capacità. Inizialmente lo Stammlager, o campo principale, doveva fungere da campo di smistamento e quarantena, ma le sue capacità originarie dì accoglienza, già dell’ordine di diecimila persone, lo ponevano come primo Konzentrationslager ubicato fuori dal territorio austro-tedesco. In breve tempo, già intorno alla metà del 1941, Auschwitz divenne un Lager con capienza di 17.000 unità. L’SS-Hauptsturmführer (Capitano) Rudolf Höss (1900-1947) venne posto al comando dello Stammlager il 4 maggio 1940. Già comandante del Lager di Sachsenhausen, diede al complesso di Auschwitz una gestione “manageriale” facendolo diventare una vera e propria fabbrica della morte. Höss “normalizzò” il proprio compito di “gestore della morte” mettendosi quasi in competizione con i responsabili degli altri campi di sterminio polacchi. Applicò il proprio ingegno alla ricerca di un modo quasi “asettico” e celere per gestire le uccisioni di massa, a differenza degli altri campi visitati e gestiti da colleghi che avevano già maturato esperienze nei centri del programma Euthanasia. L’idealismo e l’abnegazione, coprivano, però, una scelta di comodo, mediante la quale i lavoratori volontari dei Lager evitavano di finire impiegati come combattenti dell’esercito, e potevano vivere in una realtà dove era possibile avere confort e possibilità di arricchirsi. Proprio per una certa propensione a sfruttare la seconda opportunità, Höss fu allontanato, perché sorpreso a incamerare furtivamente per sé parte dei beni confiscati agli ebrei deportati, che costituivano il bottino del Reich. In quanto persona altamente competente e specializzata, venne richiamato nell’estate del 1944 per sovrintendere al compimento dello sterminio degli ebrei ungheresi e verso la fine della guer¬ra venne nominato Ispettore dei campi di concentramento.

Quando nel 1940 Hòss giunse ad Auschwitz, ordinò subito l’evacuazione dei 1200 abitanti delle zone circostanti al campo. Portò con sé un primo gruppo di specialisti: trenta criminali comuni detenuti a Sachsenhausen, che ad Auschwitz sarebbero diventati Kapò e capi blocco o baracca . Il primo convoglio, arrivato al campo il 14 giugno 1940, era composto da 728 polacchi, per lo più già detenuti per motivi politici a Traszov, poiché avevano tentato di ricongiungersi con l’armata polacca in Francia. Lo Stammlager venne dotato di un forno crematorio per scopi sanitari, che entrò in funzione dall’agosto 1940. Le fornaci del Krematorium I, come venne chiamato, furono costruite dalla ditta Topf & Soehne di Erfurt, alla quale vennero assegnati gli appalti per la fornitura di tutti gli impianti di messa a morte dell’universo Auschwitz.

Himmler, il 1° marzo 1941, visitò il campo e affidò ad Höss la realizzazione di tre nuovi progetti: l’ingrandimento dell’area dello Stammlager, al fine di garantire una presenza di trentamila uomini; l’edificazione di un campo per prigionieri di guerra a 3 km, nel villaggio di Brzezinka , della capacità di centomila unità; il reperimento di diecimila detenuti polacchi per la costruzione di un polo industriale per la I.G. Farben, che aveva avanzato la richiesta di sfruttare dietro pagamento la manodopera concentrazionaria. Con l’afflusso dei prigionieri di guerra sovietici, dall’ottobre del 1941, iniziò la costruzione di Birkenau. L’attuazione di questo progetto vide la distruzione del villaggio di Brzezinka (Birkenau alla tedesca) e la morte sul lavoro di 12.800 prigionieri su un totale di 13.000.

Chiamato poi a colloquio da Himmler e saputo della prossima “Soluzione Finale della questione ebraica”, Höss si mise con zelo alla ricerca del metodo di sterminio di massa più efficiente: letale per il maggior numero di persone, celere ed economico. Dando realizzazione alle parole della propaganda che definivano gli ebrei come “pidocchi e parassiti”, egli sperimentò la gassazione di uomini mediante un disinfestante utilizzato, appunto, contro i pidocchi: lo Zyklon B , i cristalli impregnati di acido prussico. La prima sperimentazione si ebbe nel luglio 1941 nei sotterranei del blocco 11 su 600 prigionieri di guerra sovietici e 250 malati gravi polacchi. Valutati gli effetti, venne approvato il mezzo ma non il luogo di messa a morte. Così, si decise dì creare una camera a gas nel già esistente obitorio del Krematorium I.

Con la conferenza di Wannsee del 20 gennaio 1942, veniva varata la burocratizzazione e l’attuazione sistematica dello sterminio degli ebrei. Il campo di Birkenau venne, così, destinato a diventare il più grande centro di messa a morte degli ebrei. In ossequio alla circolare Pohl del 30 aprile 1942, il campo di Birkenau divenne anche un centro di stoccaggio di quella piccola percentuale di ebrei (circa il 20%), selezionata dai convogli giunti al campo e ritenuta abile al lavoro. Ciò spiega la compresenza di sistemi di messa a morte di massa, nello stesso campo in cui esistevano anche 250 baracche, destinate al mantenimento in vita dei deportati. Il Lager di Birkenau era suddiviso in settori ognuno munito di una propria infermeria. La struttura aveva la Judenrampe, dove venivano fatti fermare i convogli per procedere alla selezione degli ebrei da tenere in vita come Sonderkommando, due Bunker (I e II) per le gassazioni, ricavati da due case coloniche, riadattate con chiusure stagne, e un’area limitrofa in cui seppellire i cadaveri in fosse comuni. Nella seconda visita al campo compiuta da Himmler il 17 e 18 luglio 1942, questi diede ordine di incrementare la capacità di messa a morte di Birkenau e di realizzare un’area dì concentramento per il mantenimento in vita di un’esigua minoranza di deportati selezionati per essere destinati alla manodopera concentrazionaria, dando perfetta attuazione al protocollo di Wannsee e alla circolare Pohl. Cosi, per far fronte agli arrivi giornalieri, vennero costruiti quattro Krematorium composti da camere a gas e impianti di cremazione: il Krematorium II e III, con camera a gas e cinque forni a tre muffole l’uno, e il Krematorium IV e V con piccole camere a gas con due fornaci a quattro muffole l’una. I primi due impianti erano i più sofisticati e i più capienti. Nell’estate del 1942 fu stabilito un accordo, tra SS e industrie, che consentiva a quest’ultime l’utilizzo in affitto dei detenuti e la creazione di Lager distaccati in corrispondenza delle fabbriche di interesse bellico (come non ricordare la Schindlers List!) . Venne allora costruito, a fianco del polo industriale di Buna (dove lavorò anche Primo Levi) il complesso di Monovitz che divenne, in breve, un campo a sé stante. Dal 1943 così, a Birkenau, accanto alle uccisioni giornaliere negli impianti di messa a morte, acquisirono sempre maggiore importanza anche le selezioni degli abili al lavoro.

Gli Stücke (lettereralmente “pezzi”, come venivano chiamati i deportati nel gergo nazista) venivano immatricolati mediante tatuaggio, peculiarità dei deportati ebrei ad Auschwitz, per poi essere registrati. Solo chi superava le prime selezioni era, infatti, annotato sui registri del campo. Il 1943 fu l’anno dell’ultimazione del settore B II di Birkenau. Questo fu strutturato come un insieme di Lager suddivisi tramite filo spinato elettrificato, in più settori: due di questi erano destinati all’alloggio di famiglie ebree provenienti da Terezin e di famiglie zingare provenienti dai territori occupati dal Reich. Questi campi servivano, soprattutto, per la propaganda e non salvavano i loro occupanti da successive selezioni. Le selezioni periodiche, infatti, colpivano anche chi avesse superato la selezione iniziale.

La presenza di popolazione concentrazionaria che poteva essere sfruttata come cavie da laboratorio, fece diventare il complesso di Auschwitz un polo per le “sperimentazioni”, compiute sugli uomini. Queste sperimentazioni vennero attuate sia nello Stammlager, esattamente nel blocco 10, sia a Birkenau: comprendevano ricerche nell’ambito della sterilizzazione femminile e maschile, compiute dal Dr. Clauberg e dal Dr. Schuhmann, del siero sanguigno (Dr. Weber), dell’elettroshock (Dr. König), dell’atrofizzazione del fegato, dei cambiamenti dovuti alla fame (Prof. Kremer), dello studio dell’epatite provocata da esperimenti farmacologici (Dr. Kaschub) e dello studio, mediante esperimenti e interventi, su gemelli monozigoti condotti personalmente dal tristemente famoso Dr. Mengele .

Tra marzo e giugno del 1943 entrarono in funzione i quattro Krematorium e venne smantellato l’ormai obsoleto Bunker I. Tra la fine del 1943 e i primi mesi del 1944 Birkenau raggiunse il massimo dell’espansione e furono ultimate le strutture della Zentralsaunaa una, dove venivano immatricolate e disinfestate le persone selezionate agli arrivi. In tale luogo erano presenti anche gli impianti per disinfestare i capi di vestiario sequestrati tra i bagagli dei deportati che erano inviati alle opere assistenziali per ariani del Reich. Nel 1943 furono costruiti i magazzini del settore Kanada dove venivano stoccati i beni confiscati ai deportati (dalle stoviglie ai vestiti, dai pennelli da barba alle coperte). Fu l’anno della massima ottimizzazione della capacità di messa a morte degli impianti del campo. Il numero di vittime prodotte dalle camere a gas fu a tal punto superiore alla capacità di smaltimento dei forni crematori da costringere a riprendere le cremazioni a cielo aperto. Il 2 maggio 1944 ebbe inizio la cosiddetta “azione ungherese”: la deportazione e lo sterminio degli Ebrei provenienti dall’Ungheria. Per velocizzarne i tempi di attuazione e rendere possibile l’uccisione di queste altre 750.000 persone, venne creato un prolungamento ferroviario: la Bahnrampe, che portava fino all’interno del campo. La presenza, poi, sulla banchina all’interno del campo di deportati già di stanza a Birkenau, vestiti con uniformi a righe, accanto a medici e a soldati addetti alle selezioni, era un altro elemento di finzione. Tutto era stato studiato dalle SS affinchè anche la vista di questi deportati in uniforme tranquillizzasse i nuovi arrivati, facendo loro credere di essere giunti in un campo di lavoro e non di sterminio.

Con l’approssimarsi della fine della guerra si ebbe un incremento della “liquidazione” delle persone all’interno del campo e si iniziò a distruggere i luoghi che, una volta visti dagli Alleati, avrebbero rivelato al mondo intero la loro vera finalità.

Il 1 ottobre 1944 fu fatta l’ultima e più crudele selezione. Il 7 ottobre i membri del Sonderkommando con un atto di rivolta, sfociata poi in un bagno di sangue, misero fuori uso il Krematorium IV. Questo fu il più violento e organizzato atto di ribellione e resistenza dei deportati nell’universo Auschwitz. Qui, resistere assumeva diverse forme: gesti di solidarietà nei confronti dei compagni, tentativi di sabotaggio nella produzione e nello stoccaggio delle merci, tentativi di fuga e di contatti con l’esterno per informare il mondo di ciò che lì succedeva. Nei confronti del “problema Auschwitz”, l’opinione pubblica venne sempre sviata dalle autorità e, talvolta, sembrò quasi disinteressarsene. Ne è la prova che le prime fotografie aeree del sistema concentrazionario di questa zona, che evidenziavano gli impianti di messa a morte degli ebrei e degli “Zingari”, furono scattate solo, quasi per caso, il 23 agosto e il 13 settembre 1944. Il 14 ottobre Himmler ordinò di sospendere le eliminazioni e da novembre ad Auschwitz non si procedette più a nuove selezioni né arrivarono nuovi convogli, anche se il Krematorium V restò attivo fino al 18 gennaio 1945.

Con l’avvicinarsi delle truppe di liberazione venne attuato il piano di occultamento degli impianti di messa a morte; il 17 gennaio venne fatto l’ultimo appello, il 20 gennaio una squadra di SS fece saltare ciò che restava dei Krematorium II e III, il 23 gennaio vennero occultate in parte le prove della predazione dei beni degli Ebrei, con l’incendio dei magazzini del Kanada, le cui fiamme durarono fino all’ingresso delle truppe sovietiche il 27 gennaio. Soltanto un giorno prima, il 26 gennaio, all’una del mattino, venne fatto saltare dai soldati tedeschi il Krematorium V.

Al loro arrivo, i soldati sovietici trovarono gran parte della documentazione che oggi è giunta a noi: piani di costruzione, carteggi amministrativi e tutto ciò che con “bolli e protocolli” aveva ridotto a numero e pratica economico-amministrativa la vita e la morte di milioni di persone. Le immagini che documentano l’arrivo di un convoglio di ebrei, le selezioni e l’invio ai Krematorium, sono state scattate dai fotografi del campo e riunite in un album intitolato “Umsiedlung der Juden aus Ungarn” (trasferimento degli ebrei ungheresi). Le fotografie vennero effettuate nell’agosto del 1944 e ritrovate da Lili Jacob che, selezionata in quel convoglio, era stata poi inviata al Lager di Dora Mittelbau e proprio lì, a guerra finita, trovò l’album nell’armadio di una baracca.

L’esistenza di documenti fotografici e burocratici riguardanti il campo mostra come si tentasse di normalizzare ogni cosa: ridurre a norma e a quotidianità l’operato dei volontari che avevano scelto di operare nell’universo concentrazionario di Auschwitz e soprattutto, nel Vernichtungslager di Birkenau.

Soltanto le parole di ex deportati ed ex SS possono rendere viva la realtà della “fabbrica dello sterminio”, resa asettica dai numeri e muta dai ruderi.

 

la fabbrica dello sterminio
Edith Birkin , A camp of twins Auschwitz

 

UNA  GIORNATA  AD  AUSCHWITZ  –  COME VIVEVANO  I  DEPORTATI

 

L’arrivo al campo

Se si esclude Auschwitz nel quale si operava una selezione tra coloro che erano destinati alle camere a gas e chi era scelto per il lavoro (e gli altri campi di sterminio che non prevedevano se non poche ore di permanenza al campo, prima della morte), l’arrivo al campo avviene in condizioni più o meno simili in tutti i KL. Spogliati di ogni abito e proprietà, gli internati vengono rinchiusi in una sala docce e disinfezione dove sono rasati in ogni parte per essere successivamente rivestiti con divise o abiti sporchi e dotati di zoccoli di legno (operazioni che frequentemente avvengono non senza vessazioni, violenze, abusi). Dopo la registrazione (che ad Auschwitz comporta il tatuaggio del numero di serie sul braccio), gli internati vengono rinchiusi in zona di quarantena.

La quarantena

La quarantena è una sorta di apprendistato della dura disciplina del lager durante la quale di solito non si lavora. Qui i nuovi arrivati capiscono assai presto che la sopravvivenza al campo significa sopraffazione e abbandono di ogni forma di solidarietà, e cieco rispetto degli ordini dei superiori SS o dei kapo.  La quarantena  propone a tutti l’esperienza della fame, del disagio fisico e psichico (freddo, torture, inutili angherie ecc), dell’abbandono e della totale fragilità del corpo indifeso. Attese snervanti, cariche di incertezza, insulti, percosse e una serie di trattamenti più o meno logoranti costituiscono altrettante lezioni di comportamento. Chi reagisce viene picchiato selvaggiamente. I detenuti devono rendersi conto della loro totale impotenza, nel senso di essere privati di ogni capacità di azione e di essere in balia della prepotenza fisica. Il primo atto di violenza subito, il primo colpo ricevuto fa crollare in essi il senso della dignità della persona (il denudamento immediato e promiscuo era il primo gesto di degradamento) , della invulnerabilità del proprio corpo e la speranza di trovare aiuto nel momento del bisogno. La mutuazione simbolica è così compiuta: l’uomo e la donna internati diventano schiavi senza identità, senza nome, senza speranza di vita e senza possibilità di ribellarsi e progettare un futuro diverso.

L’ assegnazione della baracca e la tortura dell’appello

Terminata la quarantena, la procedura di ingresso nel campo vero e proprio avviene con l’assegnazione a una baracca, a un posto letto e a una squadra di lavoro.

Nel campo tutto avviene sulla base di ordini urlati con violenza o di segnali appositi. I prigionieri che non riescono a decifrarne il significato e non li eseguono prontamente rischiano di essere percossi o sottoposti a nuove angherie. In molti sogni dei superstiti riecheggia ancora oggi il sinistro suono della parola : “Kaputt” .  Dopo la sveglia alle quattro del mattino (solo d’inverno il risveglio è un’ora dopo), ci si lava in bagni sporchi e insufficienti al numero degli internati della baracca, bisogna pulire e riordinare la camerata e le latrine e raggiungere in squadra la piazza dell’appello; il tutto nel giro di mezz’ora. Chi si attarda, anche a causa di una infermità fisica, viene percosso e punito. Alla frenesia dell’inizio della giornata, segue un periodo di lunga attesa, per lo più in piedi sull’attenti. La durata dell’appello (una vera tortura per gli anziani e gli infermi) con i prigionieri in fila per dieci per facilitare la conta, dipende dalla presenza di tutti. In caso contrario si ricomincia da capo e la procedura può continuare ore. A volte le SS si fanno aspettare e allora i detenuti, sotto i riflettori, devono mantenere l’immobilità: pioggia, neve o grandine, freddo o caldo, non hanno alcuna importanza. Nel conteggio devono rientrare anche i reclusi morti nella notte o i prigionieri trasferiti all’infermeria.

La giornata lavorativa

Segue l’ordine di formare le squadre di lavoro e subito si deve correre verso i luoghi di adunata stabiliti, da dove partono i gruppi, quasi sempre accompagnati dall’orchestra del campo, diretti alla propria destinazione. Una volta varcato il cancello (per quei detenuti che non sono destinati al funzionamento e all’organizzazione del lager), le squadre vengono prese in consegna da SS destinati alla sorveglianza. In genere, la giornata lavorativa dura dalle sei del mattino alle diciassette ed è di undici ore, con mezz’ora di pausa per il pasto. Il tempo di lavoro è sempre un tempo di terrore, perché sono possibili ovunque e in qualsiasi momento, violenze, maltrattamenti e sevizie o incidenti provocati con dolo dai sorveglianti e dalle guardie SS. Concluso il lavoro si ritorna al campo dove gli internati sono sottoposti a conta e appello, al quale devono portare anche i compagni morti o rimasti feriti nel corso del lavoro. L’appello serale spesso non ha limiti di orario; e comunque ogni minuto in più del previsto è tempo prezioso sottratto al riposo. Quando i conti non tornano e si sospetta una fuga, le SS formano subito le squadre di ricerca e lo schieramento dei prigionieri resta in attesa. A partire dal 1941, per ogni evasione, per rappresaglia vengono condannati a morte almeno dieci detenuti scelti tra gli internati appartenenti alla stessa baracca del fuggiasco. Concluso l’appello, i prigionieri entrano nella baracca dove il kapo distribuisce il cibo, ed è possibile andare alle latrine, curarsi le ferite, aggiustarsi scarpe e abiti. Alle ventuno, entra in vigore il silenzio notturno, durante il quale è assolutamente vietato uscire dalle baracche. I trasgressori vengono uccisi dalle SS di guardia e gli echi degli spari squarciano il silenzio angoscioso della notte.

Il  cibo

In genere i detenuti  «mangiano» tre volte al giorno: a mezzogiorno una zuppa di carne o vegetale con un valore calorico non superiore alle 300-400 calorie. Durante la sera, vengono assegnati 300 grammi di pane, venticinque grammi di salsiccia o carne o margarina e a volte un cucchiaio di marmellata o un pezzo di formaggio per un totale di 900-1000 calorie. La razione di pane comprende quella del mattino, cui si aggiunge una brodaglia nera che funge da caffè o té. Le razioni previste dal regolamento sarebbero superiori in quanto a calorie (prevedendo dalle 1700 alle 2150 calorie giornaliere a seconda del tipo di lavoro), in realtà i responsabili del campo lucrano sulla differenza di calorie e accumulano scorte per sé nei magazzini. In questo modo, la durata media della vita di un lavoratore pesante non è superiore a cinquantadue giorni, senza stratagemmi che consentano di aumentare la razione di cibo. E l’internato del KL si trasforma assai presto in un «morto vivente», abbandonato a se stesso e senza più voglia di reagire e di vivere, pronto per la morte e il crematorio.

 

la fabbrica dello sterminio
Leo Haas, Thérésine camp

 IL LESSICO DEL LAGER 

 

Abteilung II: la Sezione Politica (cfr.).

Arbeitsblock: i blocchi del lager in cui venivano alloggiati i detenuti destinati al lavoro.

Arbeitseinsatzführer: il direttore del Dipartimento addetto alla ripartizione della manodopera.

Arbeitskommando: cfr. Kommando

Arztvormelder: detenuto che si trova nell’accettazione o nell’ambulatorio per essere visitato dal medico SS del campo.

Bauhof: è la parte del lager dove è stoccato il materiale per le costruzioni e al contempo un Arbeitskommando; per un certo tempo è chiamato anche Industriehof, area industriale.

Block: alloggio dei detenuti; nel campo principale è un edificio di mattoni a un piano, a Birkenau e nella maggior parte dei sottocampi è una baracca di mattoni o di legno.

Blockältester: detenuto funzionario; un detenuto incaricato dalle SS della sorveglianza di un Blocco.

Blockführer: sottufficiale delle SS incaricato della sorveglianza di uno o più blocchi.

Blockführerstube: la guardiola del Blockführer.

Blocksperre: consegna nel blocco o serrata del blocco, vale a dire divieto di lasciare un blocco.

Buna: sigla per caucciù sintetico e per la fabbrica della IG-Farben, in cui doveva essere prodotto caucciù e benzina; al tempo stesso anche sigla del sottocampo appartenente a questa industria. La fabbrica Buna sorgeva in località Monowitz (Monowice), alcuni chilometri ad est della città di Auschwitz. Il sottocampo perciò era chiamato tanto Buna quanto Monowitz e infine Auschwitz III.

Bunker: celle nella cantina del Blocco 11 del campo principale, in cui i detenuti venivano rinchiusi per punizione; è anche il nome con cui sono indicate le camere a gas di Birkenau.

Bver: sigla con cui erano indicati i befristete Vorbeugungshäftlinge, poi detti Berufsverbrecher, vale a dire i detenuti criminali.

Contrassegni dei detenuti: oltre ai numeri del campo di Auschwitz tatuati sull’avambraccio sinistro, i detenuti ricevevano un triangolo colorato, che veniva cucito sulla parte sinistra del petto e sulla gamba destra della divisa da detenuto. Il triangolo rosso era per i detenuti politici, verde per i criminali, viola per i Testimoni di Geova, nero per gli asociali, rosa per gli omosessuali e marrone per gli zingari. I detenuti internati per la seconda volta, cosiddetti Rückfällige, recidivi, dovevano portare una striscia trasversale dello stesso colore sopra il triangolo superiore. Gli ebrei, sotto il triangolo rosso, verde o nero, portavano un triangolo giallo rovesciato, che formava così una stella a sei punte. La nazionalità dei detenuti era indicata con l’iniziale stampigliata sul triangolo, p. es. “T” per Tschechen, Ceco, “F” per Francese, “P” per Polacco ecc. Gli appartenenti alla Compagnia disciplinare portavano un punto nero fra il vertice inferiore del triangolo e il numero. I detenuti sospettati di fuga avevano cucito o dipinto sul petto e sulla schiena un bersaglio bianco-rosso.

Corte marziale di polizia: a intervalli irregolari, nel Blocco 11 avevano luogo sedute della Corte marziale di polizia della Gestapo di Katowice, durante le quali venivano giudicati i detenuti di polizia (cfr. Polizeihäftlinge), che il più delle volte erano stati brutalmente torturati nei precedenti interrogatori.

Crematorio, piccolo o vecchio: il primo crematorio accanto al campo principale, in cui vennero effettuate anche gassazioni e fucilazioni. Dopo la costruzione dei grandi crematori di Birkenau, rimase inutilizzato dal 1943.

DAW (Deutsche Ausrüstungswerke): impresa di armamenti appartenente alle SS che avevano fabbriche non solo nel KL Auschwitz, ma anche in altri campi di concentramento.

Effektenkammer o Effektenlager: settore del lager per gli averi rapinati ai detenuti. I beni più diversi si accumulavano inizialmente in cinque baracche, verso la fine dell’esistenza del lager in oltre 30; cfr. Kanada.

Erziehungshäftling (EH): detenuto da rieducare, ossia detenuto che, almeno formalmente, era stato internato nel campo solo per un tempo determinato.

Familienlager Theresienstadt: campo per famiglie nel settore BIIb e BIIe (campo zingari) di Birkenau, in quanto sia i detenuti ebrei internati dal ghetto di Theresienstadt sia gli zingari (Sinti e Rom) non furono divisi per sesso.

Fenolo: veleno iniettato nel cuore dei detenuti con siringhe.

Funktionshäftling: detenuto scelto dalle SS per una certa funzione (p. es. decano del campo, decano del blocco o Kapo). I detenuti funzionari portavano un bracciale che li contraddistingueva.

Geheimnisträger: portatore di segreti, detenuto che per via del suo lavoro (soprattutto nel Sonderkommando) era a conoscenza delle operazioni di sterminio. La maggior parte di loro più tardi fu assassinata.

Häftlingsarzt: detenuto impiegato come medico.

Häftlingspfleger/-in: detenuto o detenuta che presta servizio di infermiere/infermiera nell’infermeria o nel centro sperimentale.

Hundestaffel: compagnie di guardia delle SS con cani lupo e bracchi addestrati in particolare ad aggredire persone con abiti a strisce. Erano usati soprattutto con gli Arbeitskommandos impegnati al di fuori dell’anello di sentinelle.

Interessengebiet: l’area chiusa sottoposta al lager di circa 40 km2

Kanada: nome coniato dai polacchi e poi usato da tutti i detenuti per indicare l’Effektenkammer, la baracca in cui venivano raccolti gli averi rapinati agli internati. La scelta di questo nome dipende dal fatto che in Polonia il Canada godeva fama di essere un paese smisuratamente ricco, e in realtà nella baracca effetti era possibile trovare di tutto, sia pure sotto chiave.

Kanadakommando: squadra di lavoro impiegata nella baracca effetti.

Kapo: detenuto impiegato dalle SS per la sorveglianza di una squadra di lavoro; era responsabile nei confronti dell’SS-Kommandoführer.

Kommando: gruppo di detenuti assegnato a un certo lavoro.

Kommandoführer: SS addetto alla sorveglianza di un Kommando.

Königsgraben: canale centrale di scolo a Birkenau, al cui scavo fu addetta la Compagnia disciplinare; famigerato perché molti detenuti vi vennero uccisi in modo bestiale dalle SS.

Lagerabschnitt: il complesso del lager di Birkenau era suddiviso in settori separati l’uno dall’altro da filo spinato.

Lagerältester: decano del lager; era un detenuto funzionario, in particolare un detenuto utilizzato dalle SS, di fronte alle quali era responsabile come rappresentante del lager.

Lagerkapo: Kapo responsabile della sorveglianza dei detenuti che lavoravano all’interno del campo.

Lagerpolizei: servizio di sorveglianza nato nel 1944 e formato da detenuti.

Messico: settore del lager non ultimato.

Musulmano: detenuto fisicamente e psicologicamente completamente sfinito da malattie e fame.

Organisieren: grattare, rubare, l’appropriazione di beni abbandonati o di proprietà delle SS era un’azione necessaria alla sopravvivenza. Invece, appropriarsi di un bene di proprietà di un altro detenuto era considerato un furto; il più noto era il furto di pane.

Polizeihäftlinge: detenuti di polizia; internati che erano rinchiusi nel Blocco 11, ma che dal punto di vista formale non erano detenuti del lager, bensì continuavano a essere sottoposti alla Gestapo di Katowice e per lo più condannati a morte dalla corte marziale di Polizia.

Posten: SS incaricata della sorveglianza del campo o dei detenuti al lavoro.

Sezione Politica: rappresentava la Gestapo nel lager, in parte indipendente dalla direzione del campo. Questo portava più volte a momenti di conflitto fra le due autorità. Internamenti e rilasci di detenuti oltre all’intera attività documentale verso e dalla Gestapo al di fuori del lager passavano attraverso la Sezione Politica.

Postenkette: sistema di difesa del campo formato da recinzione di filo spinato e da posti di guardia. Si distingue in Kleine Postenkette: recinzione del campo fatta di piloni di cemento armato e filo spinato elettrificato, che di notte era illuminata. A distanza di 80 metri l’una dall’altra erano disposte le torri di guardia. La Kleine Postenkette circondava il lager vero e proprio. La seconda linea di sorveglianza era detta Große Postenkette: coincideva con il confine del cosiddetto Sperrgebiet, la zona vietata. Le torri di guardia erano messe a circa 200 metri di distanza. Normalmente, le sentinelle erano sulle torri di guardia solo di giorno e la sera, al ritorno delle squadre di lavoro, erano ritirate. Nel caso però che un detenuto fosse fuggito, le torri di guardia della Große Postenkette erano occupate per tre giorni 24 ore su 24. La Große Postenkette non era protetta da nessuna recinzione.

Quarantena: isolamento dei detenuti appena arrivati col presunto scopo di evitare il diffondersi nel lager di malattie infettive. Nel periodo di quarantena, i detenuti, per mezzo di esercizi che duravano ore e fatti sul piazzale dell’appello, venivano a conoscenza delle leggi. vigenti nel campo di concentramento. L’intento era quello di spezzarne la resistenza.

Rampa: la banchina ferroviaria su cui i detenuti venivano scaricati e selezionati. La “vecchia rampa” si trovava nei pressi della ferrovia fra il campo madre e Birkenau. La “nuova rampa” era nel campo di Birkenau, fra i settori BI e BII e portava ai crematori II e III.

Rapportführer: SS-Unterführer, superiore immediato dei Blockführer del lager, a Birkenau dei Blockführer di un settore del lager.

Rapportschreiber: il detenuto funzionario che preparava per le SS il rapporto sulla situazione dei detenuti.

Revier: infermeria.

RSHA-Transport: trasporto di ebrei composto dall’Ufficio di Adolf Eichmann, lo Judenreferat IV B IV, nell’Ufficio centrale della sicurezza del Reich.

Schreibstube: doveva regolare l’intera amministrazione interna del lager, vale a dire schedatura, assegnazione ai blocchi ecc. Nella Schreibstube erano impiegati esclusivamente internati.

Schutzhaftlagerführer: SS-Führer responsabile del lager nei confronti del comandante, a Birkenau responsabile del settore di competenza.

Sonderbehandlung: trattamento speciale, sigla in codice delle SS che stava a indicare l’uccisione di detenuti.

Sonderkommando: squadra di detenuti che aveva il compito di incenerire i cadaveri nei crematori e nelle fosse scavate nelle loro vicinanze.

Sport: esercizi punitivi.

SS-Lagerarzt: ufficiale delle SS che esercitava nel campo le funzioni di medico. Uno dei suoi compiti principali era la selezione. Al tempo stesso, era anche responsabile degli esperimenti pseudomedici sui detenuti.

SS-Revier: edificio che sorgeva nelle immediate vicinanze del campo principale di fronte al piccolo o vecchio crematorio. Qui venivano curati i malati lievi delle SS. Nello stesso edificio si trovavano anche gli uffici dell’SS-Standortarzt, il reparto dentistico per le SS, la farmacia delle SS e per un certo periodo anche altri uffici.

Stehzellen: celle nelle cantine del Blocco 11, della grandezza di cm. 90×90, con un’apertura per  l’aria di cm. 5×5, dove si poteva stare solo in piedi. In queste celle venivano rinchiusi quattro detenuti alla volta. Dopo aver trascorso un’intera notte nella Stehzelle, i detenuti erano portati al lavoro con gli altri.

Strafkompanie: Compagnia disciplinare. I detenuti della Compagnia disciplinare erano alloggiati separatamente, non potevano avere nessun contatto con gli altri internati né ricevere o inviare lettere. Le condizioni di vita nella Compagnia disciplinare erano molto più dure che nello stesso lager ed anche il vitto, nonostante i lavori fossero i più pesanti e li si dovesse eseguire a passo di corsa, era molto scarso.

Todeswand o Schwarze Wand: muro della morte, o muro nero. Costruito come parete paraproiettili sul fondo del cortile chiuso tra i blocchi 10 e 11 del campo punitivo, vi venivano eseguite le fucilazioni.

Zyklon B: gas velenoso originariamente destinato a combattere i parassiti. Conteneva insieme ad uno stabilizzatore in farina fossile acido prussico o cianidrico legato. Usato dalle SS per lo sterminio di massa nelle camere a gas.

§ 175: articolo di legge varato dal nazismo in Germania nel 1934 contro gli omosessuali. Nel linguaggio del lager indica i detenuti omosessuali.

 

                                                                                                                                   

 

 

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