LE PRIME CONNESSIONI TRA SENIGALLIA E LA SANTA
È stato il nostro Vescovo Pietro Ridolfi o meglio il suo manoscritto, redatto in elegante latino nel 1596, a stimolare il nostro interesse alle connessioni tra Senigallia e le reliquie della Maddalena, che vi erano custodite. Nella Cronaca Senigalliese a proposito della Chiesa della Maddalena si legge:
“Vi era in quel tempo presso l’altare maggiore l’Edicola di San Giorgio, dove la figlia del Principe di Marsiglia, andata in sposa al Conte di Senigallia, collocò con il dovuto decoro ed onore le reliquie della Beata Maria Maddalena e di suo fratello Lazzaro, che aveva ottenuto dal padre dopo intense preghiere. L’urna era accompagnata da una scritta comprovante la loro autenticità. Il bergamasco Bartolomeo Colleoni, che tanto onore raggiunse presso i Veneti per la sua insigne virtù e scienza militare, nel 1449 per conto di Filippo Principe di Milano occupò con le sue milizie il territorio di Senigallia. Il frate Bellino Crotti, nativo del Castello di Romano e confessore di Bartolomeo, si imbattè in queste reliquie. Bartolomeo per pietà e rispetto cristiani rifiutò di impadronirsene, ma espresse parere favorevole e il suo consenso a che il frate Bellino le prendesse con sé perché fossero poi solennemente collocate nella chiesa del Castello di Romano (le reliquie della Beata Maria Maddalena) e nella chiesa di Covo (quelle di San Lazzaro). Entrambe le località erano sotto la signoria del Colleoni ed in esse tuttora le reliquie sono oggetto di grande venerazione da parte degli abitanti.”.
La prima parte di questo racconto del Ridolfi è stata da alcuni considerata poco più che il trascritto di una leggenda. Da altri ne è stata rilevata l’incongruenza con la possibilità che nel forte culto devozionale della Santa, travalicante i limiti della città, sia da identificarsi l’origine della famosa Fiera franca di Senigallia. Per lasciare decantare quanto avevamo elaborato sulla probabilità che anche a questa “pia leggenda” fosse sottesa una realtà storica (come nel caso della storia di Sergio, principe longobardo, figlio di Arioldo), abbiamo deciso di partire dai dati incontrovertibili relativi al frate Bellino Crotti e siamo andati a visitare gli ex possedimenti del Colleoni citati, Romano di Lombardia e Covo.
Per entrambi i siti, che per il loro interesse ed amenità meritano maggiore notorietà, ci siamo rimproverati di non averli già visitati, indipendentemente dalle nostre ricerche. Romano è la cittadina lombarda quale può figurare nell’immaginario collettivo: accogliente al primo impatto, con architetture medievali perfettamente restaurate, edifici religiosi di grande interesse e ben conservati (con la particolarità di tre chiese comunicanti), una biblioteca ricca di opere e molto attiva nella promozione culturale. Insomma una comunità vivace, ordinata e funzionante, veramente civile. Un arciprete, il cui grande sapere e disponibilità sono pari alla iniziativa di imprenditore culturale, è riuscito a creare un Museo d’Arte e Cultura Sacra, esemplare per architettura e per la qualità delle opere esposte. Qui, in un “reliquiario ad urna” in ottone finemente cesellato e realizzato a Venezia nel 1621, sono esposte le reliquie della Maddalena prelevate a Senigallia; sulla parte superiore si staglia una piccola statua, alta circa venti centimetri, raffigurante la Santa, che lunghe chiome rivestono fino ai piedi.
Emozione se possibile più intensa, quella che il ricercatore prova quando fiuta di essere su una pista interessante, abbiamo provato a Covo. Questo ridente centro, solare come la luce di inizio estate che lo avvolgeva, ha come patrono San Lazzaro, il fratello della Maddalena, resuscitato da Cristo. Nella grande e bella chiesa parrocchiale è conservata la testa del Santo. Prima di entrare nel tempio, come a dirci che eravamo giunti al punto giusto, le formelle del portale bronzeo ci illustravano la consegna delle reliquie del Santo da parte di frate Bellino ad un Vescovo, sotto lo sguardo del Colleoni. All’interno le reliquie sono gelosamente custodite dietro una robusta grata, celate alla vista del pubblico da un drappo che viene sollevato solo il giorno della festa del Patrono o quando si deve invocare il suo soccorso per qualche pubblica calamità: in queste occasioni si “squarcia San Lazzaro” cioè si rimuove il velario, come ci ha detto lo storico locale Rinaldo Monella. In chiesa eravamo stati avvicinati da una gentile e inquisitiva signora, che poi corse ad informare il sindaco che in paese circolavano due ricercatori. Fummo piacevolmente raggiunti e sorpresi dal giovane e brillante primo cittadino, mentre fotografavamo un monumento, forse la meta che inconsapevolmente ci aveva attirato a sé nel nostro girare per gli ex-domini del Colleoni. Ci eravamo imbattuti nella “Santella di Covo”.
Il termine santella indica una edicola votiva, all’interno della quale è affrescata una scena sacra o un’immagine votiva. Questa di Covo è monumentale quanto a dimensioni e fu eretta nel 1655.
Il grande affresco che conserva, ben restaurato, è forse la prima grande raffigurazione (i portali bronzei della chiesa parrocchiale sono del secolo scorso) che ha come soggetto la consegna della reliquia di San Lazzaro ad un alto prelato, alla presenza di Bartolomeo Colleoni.
Più che l’immagine, però, ci ha profondamente coinvolto la scritta che figura nella lapide sottostante:
“A Lazzaro redivivo, vescovo di Marsiglia, la cui sacra testa da Bartolomeo Colleoni di Bergamo per consiglio ed opera del frate Bellino Crotti da Romano, da Senigallia ove da quattro secoli era in grande venerazione, trasportò l’anno 1449 in questo suo castello di Covo”.
Era questo il messaggio, peraltro da convalidare con altri riscontri, che inconsciamente avevamo cercato? Se esso fosse veritiero, le reliquie di Santa Maria Maddalena e di San Lazzaro sarebbero pervenute da Marsiglia a Senigallia quattro secoli prima della loro traslazione nel feudo del Colleoni, cioè poco dopo l’anno 1.000. Questo farebbe chiarezza sulla effettiva antichità del culto della Santa a Senigallia e renderebbe plausibile l’instaurarsi della Fiera a seguito del concorso di pellegrini nel giorno della sua festa.
Flavio e Gabriela Solazzi