Varnelli, quattro donne più forti del terremoto

 

Alle Distillerie Varnelli ci sono quattro donne ai vertici: rocciose come il territorio dei Sibillini in cui operano, festeggiano quest’anno 150 anni di storia. L’ad è Orietta Maria Varnelli, che dall’Opera ad Action Aid sta guidando la conquista di America del Nord, Canada e Giappone a suon di amari e anici

famiglia Varnelli
La famiglia Varnelli

 

Dopo il terremoto che ha colpito le Marche ha rassicurato: “Non lasceremo a casa nessun dipendente”. Rocciosa come il territorio in cui vive e lavora, ai piedi dei Monti Sibillini, Orietta Maria Varnelli ha mantenuto la parola. E ha portato avanti l’azienda di famiglia, le Distillerie Varnelli spa, di cui è amministratrice delegata dal 1994, più determinata di prima. “Come diciamo noi qua, in salita, ma allenate”. In un territorio destabilizzato che negli ultimi anni ha affrontato tante sfide, quando il racconto della propria vita è interrotto all’improvviso dall’evento macroscopico del sisma, un dramma che ha messo in discussione le certezze della intera comunità”.
Caparbie, nate sotto il monte Bove, il più aspro e il più dolomitico dei Monti Sibillini, ora Parco nazionale, sono così le Varnelli, impegnate a celebrare quest’anno i 150 anni della loro impresa che “di generazione in generazione, ogni giorno ha saputo rinnovarsi”.

Quattro donne al comando: Elda, la madre, presidente; Orietta Maria, 55 anni, al controllo di gestione e all’export; le sue sorelle che amministrano aree distinte, Simonetta il commerciale e marketing Italia e Donatella la produzione. “Non spocchiose, pacate, rispettose del lavoro di tutti”, sottolinea l’imprenditrice al timone, “io sono molto estroversa, ma cerco sempre di stare un passo indietro. Ci sono tanti modi di fare impresa”.

A Pievebovigliana, dov’è nata, c’è la sede legale, e a Muccia, a sette chilometri di distanza, quella produttiva di spirit e bevande anisate, specialità che parlano di tradizioni locali a cavallo di due secoli, a 400 metri di altitudine. “Il nostro Amaro Sibilla nacque nel 1868 col bisnonno Girolamo, esperto erborista, come elisir medicamentoso di erbe e radici dedicato ai pastori che durante la transumanza tra i Monti azzurri e la Maremma toscana, rischiavano di contrarre la malaria”.

Al nonno Antonio si deve invece, agli inizi del Novecento, l’ideazione del Varnelli Anice secco speciale, legato alle tradizioni locali e alla cultura mediterranea delle bevande anisate, per il quale aveva coniato lo slogan ‘A farmi preferir basta un assaggio’. Decise di utilizzare come unico dolcificante il miele millefiori dei Monti Sibillini e appiccicò sulla bottiglia un’etichetta con l’immagine della Sibilla, opera di Adolfo De Carolis, un pittore del sud delle Marche. Venne premiato nel 1950 come il miglior liquore d’Italia con la medaglia d’oro all’Esposizione nazionale di vini e liquori. “Siamo tra i leader della categoria, altrettanto per gli amari, riconosciuti come liquori complessi di taglio assolutamente artigianale”. Quarant’anni fa è stato lanciato anche l’Amaro dell’Erborista. Entrambi ancora oggi rappresentano la tradizione estrema: decotto di erbe e radici su fuoco a legna.

Poi venne Girolamo. “Nostro padre, imprenditore poeta, innamorato del suo lavoro, erborista come il nonno e precursore di teorie applicate al marketing e alla comunicazione. Si era laureato in Economia con una tesi sulla pubblicità, attuò una politica illuminata di brand: legò il marchio all’Anice secco, digestivo, otto ingredienti per cocktail dissetanti, prodotto portabandiera della Varnelli, convinto com’era che fosse primario elemento distintivo dell’azienda. Una bevanda dal sapore intenso e molto profumato, che nel tempo ha acquisito forte riconoscibilità fino alla sua affermazione come Sovrano correttivo del caffè”. Un’altra consuetudine tutta italiana sempre più apprezzata nel mondo.

 

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Poster originale fine anni ’50 pubblicità del Varnelli

 

Di formazione classica, Orietta Varnelli avrebbe scelto per passione architettura all’università, poi però “un certo giorno ha prevalso in me l’idea di continuare il lavoro di mio padre, scomparso nel 1975. Crescere in una famiglia che porta avanti una lunga storia di impresa come la nostra, fa sì che non ci sia distinguo tra sentimento e concretezza, tra privilegi e responsabilità. Che avverto ogni mattina entrando in azienda e agendo in questo territorio straordinariamente bello e non contaminato, ma pur sempre un’area considerata ai margini delle grandi direttrici viarie”.

Per strutturarsi ha fatto studi di economia, un master a Boston sul marketing, uno a Cardiff sul Lean thinking, nei primi anni del ‘pensiero snello’, un’esperienza innovativa sulla gestione dell’azienda, che prendeva spunto dalla Toyota, ancora oggi insegnata nei corsi agli imprenditori e ai neo laureati. “È l’impostazione che abbiamo tutte da sempre con i dipendenti; la nostra squadra è ispirata a un carattere familiare”. In mezzo c’è stato anche un periodo di lavoro a Roma nel settore del turismo con il tour operator dell’Alitalia, all’epoca Italia tour.

La società Varnelli è stata dal 1978 al 1990 anche nel settore delle acque minerali, come azionista di maggioranza di Rocchetta. “Siamo usciti da quel comparto cedendo l’azienda quando era al massimo del potenziale”.

L’imprenditrice si è assunta diversi incarichi istituzionali: in Confindustria Macerata, in veste di vice presidente dei Giovani imprenditori dal 1999 al 2001 e dal 2001 al 2004, presidente regionale dei Giovani imprenditori e vice presidente di Confindustria Marche; per la cultura come consigliere di amministrazione dell’Arena Sferisterio, nell’ambito di Macerata Opera festival; nel sociale, tra il 2011 e il 2016, in qualità di presidente di ActionAid Italia. Dal 2015 è tra i tredici componenti del Consiglio superiore della Banca d’Italia.

Al di là di tutto le è rimasto l’approccio creativo, rimodulato nel gestire l’azienda, che richiede innovazione nell’organizzazione e nel marketing. In collaborazione, anzitutto, con l’università di Camerino che ha al suo interno dipartimenti di ricerca sull’alcol e sulla botanica. “Oltre i prodotti in commercio, che sono le quindici referenze Varnelli, c’è il libro delle ricette antiche, cardine della qualità che i nostri estimatori apprezzano, perché una distilleria, come nella storia di tutte le aziende liquoristiche, ha ereditato e nel tempo mantenuto e coltivato l’esperienza erboristica”.

Le novità puntano a rendere i grandi prodotti classici più moderni e in linea con il cambiamento nei gusti dei consumatori, attraverso proposte d’uso o introducendo elementi complementari. Nell’export, in crescita negli ultimi anni, Varnelli è molto amato in Giappone, piazza sofisticata e attenta ai prodotti di eccellenza. “Il mercato su cui stiamo investendo più energie è il Nord America perché è prioritario per il nostro settore; tutte le aziende come la nostra sono attente, da lì partono i nuovi trend, lì è radicato il consumo dei cocktail per un bere di qualità”. Varnelli si muove negli Usa con un importatore esclusivista che cura l’intero mercato statunitense, in alcuni centri dove è più sviluppata la cultura del bere responsabile: New York, Chicago, Filadelfia, San Francisco, Denver. E il Canada, sia est che ovest, respira lo stesso vento. “Per vari anni abbiamo collaborato a iniziative a New Orleans dove ‘Tales of the cocktails’ è stato un punto di riferimento dei prodotti e dei professionisti che ruotano nel nostro mondo. Negli Usa negli ultimi anni c’è stato un ritorno importante di attenzione sugli amari italiani, e questo è un successo di cui dobbiamo essere tutti orgogliosi. Siamo presenti nelle grandi carte degli spirits accanto a rhum, tequila, whisky. C’è ormai una lista di amari composta fondamentalmente di specialità italiane, cariche di tradizione e cultura, ed è bello che, anche grazie alla curiosità e all’approfondimento di alcuni professionisti americani di punta, si sia compreso che sono legate al terroir. Il barman Fabio Bacchi col suo ‘No Italy, no cocktail’ ha spiegato bene che l’Italia svolge un ruolo centrale nei liquori di qualità. Leggere certi menu è come fare un viaggio nel nostro paese. Abbiamo tanti place e prodotti unici che il mondo ci invidia”.

Ha viaggiato e tornerà a viaggiare molto, Orietta Varnelli, ha avuto una pausa necessaria dopo il terremoto, quando serviva rimanere accanto alla famiglia, ai collaboratori, all’azienda. Non è sposata e non ha figli. Le sue sorelle sì. Ci sono già la quinta e la sesta generazione, una schiera di nipoti “che crescono, studiano e si appassioneranno all’azienda, se vorranno, in modo spontaneo”.

La mamma Elda costituisce un punto di riferimento. Farmacista e titolare di farmacia, figlia unica che ha seguito le orme paterne, poi l’incontro con Gerolamo Varnelli e il matrimonio. “Per tutta la vita si è divisa tra l’attività di farmacista e quella del marito, di cui è diventata il braccio destro, equilibrato connubio di prudenza e capacità visionaria nelle scelte che richiedevano un pizzico in coraggio in più”.

Una moglie con cui condividere confronto quotidiano e complicità, e tre figlie femmine, Orietta è l’ultima, “mio padre era fiero della sua famiglia tutta al femminile. Di lui parliamo sempre, al netto di qualsiasi retorica dei sentimenti, è parte integrante dei nostri ragionamenti di impresa, del patrimonio di valori di cui l’azienda è intrisa”.
Le vacanze da bambine si facevano per tre mesi sulla costa, a Civitanova Marche e a Porto Recanati, lungo l’Adriatico. Sempre in zona, lui voleva essere presente, faceva il pendolare. “Ero una bambina quando morì. Mi ricordo l’importanza che attribuiva al team, altro valore che ci ha trasmesso, ha sempre puntato molto sui collaboratori. La signora Giovanna, per esempio, la nostra ragioniera qui dal 1972, è andata in pensione nel 2014, 42 anni trascorsi con noi. Ma già oggi c’è un altro ragioniere arrivato nel 1976 che l’anno prossimo andrà in pensione. Storie importanti. Operiamo in un territorio in cui il senso di essere comunità è percepito, ci si conosce tutti, finire a lavorare insieme è probabile. Abbiamo una buona percentuale di donne, sono arrivate negli ultimi anni ragazze laureate per condividere e fare stage. Sono rimaste”.

C’è stato un tempo in cui Orietta Varnelli aveva più spazi per coltivare passioni e sport. La corsa e arrampicate in montagna, “I Sibillini non potevano non colpire. Camminate e scalate, anche sui ghiacciai, con qualche frequentazione dei vari quattromila alpini. Anche la barca a vela mi piace, ma la montagna viene prima. Sul versante culturale il territorio delle Marche è vivace e ricco di offerte stimolanti. A cominciare dalla letteratura con rassegne e festival”.

Nella Distilleria Varnelli lavora un team storico composto prevalentemente da collaboratori provenienti dai comuni sotto le pendici dei Sibillini, e negli anni si sono aggiunti altri elementi originari di città e territori più a valle, da Macerata a Civitanova. “In genere si pensa alle aree interne come più deboli e meno attrattive per i giovani e consuetudine vuole che si prefigurino migrazioni. Nel nostro caso avviene il contrario, le aree interne sono il luogo dove esprimere potenzialità. Ci hanno scelti non solo come azienda ma anche come territorio. Con la condivisione degli obiettivi, il sentimento di appartenenza, essere insieme e tentare di fare qualcosa, ora nel post sisma, per ritrovare punti fermi”.

 

di Patrizia Capua

(da “Repubblica” del 18 novembre 2018)

 

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