Richard Werly, LE TEMPS
Losanna, 30 marzo 2020

I peggiori difensori dell’Unione europea oggi sono quelli che, al riparo dal comodo legalismo dei trattati, giustificano l’attendismo sanitario di Bruxelles col fatto che la salute non è di competenza comunitaria. Tale ragionamento burocratico è incomprensibile per i cittadini coinvolti che lo stanno pagando sulla propria pelle. Come si può credere che, in questa Unione di 500 milioni di abitanti, le ordinazioni di mascherine e di rianimatori effettuate in questi giorni con urgenza da parte di stati che non sono in grado di preservare i propri stock strategici siano la soluzione giusta?
Sono tempi, invece, di rivolta. Di fronte allo tsunami di contaminazione e morte, l’inchiostro dei trattati negoziati dai diplomatici è un ostacolo che i sostenitori dell’Europa europei devono saper superare se vogliono agire e proteggere meglio i propri concittadini in futuro. L’ambasciatore dell’Unione Europea in Svizzera, Michael Matthiessen, ha ragione ad elencare gli atti di solidarietà all’interno di una UE finalmente al lavoro; ma deve andare oltre, perché è nella posizione migliore per individuare i problemi epidemiologici su scala continentale; e siccome dispone di risorse umane adeguate in termini di amministrazione e logistica transfrontaliera, la Commissione si deve ribellare pubblicamente contro gli Stati membri ossessionati da uno status quo insostenibile.
Il futuro dell’Europa, in questa guerra contro questo nemico invisibile che è il coronavirus, dipenderà dal riavvicinamento, “sul fronte”, dei governi che stanno già lavorando insieme, si aiutano a vicenda e continuano a credere in un futuro comune. Questo perché crea solidarietà in caso di emergenza, ma anche perché mette in luce il crescente disinteresse degli altri Stati membri per qualsiasi forma di condivisione che non li avvantaggi immediatamente. L’epidemia può dimostrarsi, paradossalmente, il formidabile acceleratore di un’altra Europa alimentata da una autentica volontà di reciproco aiuto.

www.letemps.ch

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