Giacomo Leopardi alla finestra. Olio su tela di Giovanni Schiaroli.

Recensione di Giulia Corsalini alla ricerca di Rossano Morici

Ho letto con molto interesse il saggio L’ardore e il verno. Meteorologia e clima in Leopardi, di Rossano Morici, contenuto nell’ultimo numero della rivista «Marca/Marche» (16/2021), numero peraltro ricco di contributi di rilievo, dal focus sulla scuola a ricerche innovative di carattere storico e letterario. Rossano Morici, recanatese che ora vive a Senigallia, arriva per così dire naturaliter a questo tema, dopo aver dedicato al clima locale i volumi Il clima di Recanati (con Redo Fusari, Recanati 2010) e Il clima delle Marche nell’Ottocento (Ancona 2020). D’altra parte il tempo meteorologico non è certamente aspetto secondario nella vicenda biografica del poeta, come dimostra innanzi tutto l’attenta disanima di Morici dell’epistolario leopardiano, tramato di riferimenti quasi ossessivi al freddo, al caldo, all’umidità; note che, come scrive l’autore, «se non aggiungono nulla alla ricostruzione di eventuali serie climatiche di Recanati … rappresentano tuttavia ulteriori testimonianze di specifici modi di considerare allora il tempo meteorologico». 


Frontespizio originale dell’opera di Giacomo Leopardi sull’Astronomia.


Pagina autografa di Leopardi con alcuni Appunti «Da porsi nell’ultimo Capo»


Dettaglio della figura precedente con la descrizione della «Luna sua atmosfera»

Veniamo inoltre a sapere che Leopardi visse nel periodo più freddo dell’Ottocento, «forse il più freddo – secondo gli studiosi – della Piccola era glaciale». E il clima rigido, come si deduce dalle sue lettere, e anche il caldo eccessivo ebbero un peso sulle condizioni fisiche e psicologiche del poeta; così la ricerca di un clima mite fu la ragione, almeno nelle confessioni dirette, di diversi suoi trasferimenti nelle varie città italiane in cui visse, mentre l’averlo trovato fu spesso determinante per la sua serenità e creatività – come avvenne con il clima mite di Pisa, in quella stagione felice dell’anno 1828 che diede origine ai «grandi idilli», o canti pisano-recanatesi. Ma, come dimostra Morici, il problema non era solo del poeta, se le lamentele sul freddo sono una costante anche nelle lettere dei corrispondenti, del padre, del Brighenti, dell’amico Puccinotti.


La Luna che illumina la notte del colle. Olio su tela di Giovanni Schiaroli

Ogni esperienza, comunque, in Leopardi diventa anche oggetto di riflessione, di analisi scientifica e antropologica: così nelle pagine dello Zibaldone, anch’esse prese in esame da Morici, Leopardi dedica al clima una serie di note, fra le quali di particolare interesse risultano quelle che verificano l’indole dei popoli e degli individui in relazione alle condizioni climatiche in cui si trovano a vivere: così il clima temperato e l’armonia della natura rendono più «pieghevole» e suscettibile di diverse impressioni, meno rigido dunque, il carattere dei Meridionali; così il freddo conferisce all’uomo più forza di agire e minore voglia di farlo, al contrario il caldo rende desiderosi di agire e inquieti gli animi, ma ne indebolisce l’energia; così, ancora, l’aria sottile rende gli uomini più svegli e furbi, come peraltro si può riconoscere nei marchigiani. 


A sinistra i due volumi dell’Epistolario curati da Brioschi e Landi, consultati per analizzare le lettere più significative sul clima scritte e ricevute da Giacomo Leopardi, dal 1820 al 1833. A destra l’immagine della lettera di Giacomo al padre Monaldo in data 8 febbraio 1826, riprodotta sul cofanetto dei due volumi.

Due pagine dello Zibaldone di Giacomo Leopardi

Prima pagina dell’Indice dello Zibaldone di Pensieri, scritto di pugno da Giacomo Leopardi.

Lo studio di Morici aggiunge ai materiali leopardiani attentamente raccolti e presentati le competenze di un appassionato studioso del clima locale, capace di interpretare le dichiarazioni del poeta attraverso un’opera di documentazione e contestualizzazione, fino a segnalarne, in questo momento cruciale nella storia del clima, alcuni spunti di singolare attualità. In tal modo il contributo rende evidente come gli studi leopardiani possano essere arricchiti dall’apporto di approcci diversi da quelli di carattere critico letterario, in un processo (ormai ben avviato, come si è visto nell’ultimo convegno internazionale del CNSL dedicato all’Infinito) di fecondo scambio interdisciplinare. 

Giulia Corsalini

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Giulia Corsalini è docente e autrice di saggi di critica letteraria e studiosa delle opere di Giacomo Leopardi. Nel 2018 ha pubblicato con le Edizioni Nottetempo il libro « La lettrice di Čechov» che ha vinto nel 2019 il Premio letterario internazionale Mondello, il SuperMondello, il Premio Gli Asini e il Premio nazionale di narrativa Bergamo.
Nel 2020 Giulia Corsalini ha pubblicato «Kolja. Una storia familiare» con Nottetempo.


Si ringrazia Giovanni Schiaroli per aver concesso la riproduzione di due sue opere che fanno parte del catalogo Il viaggio immaginario – Sulle tracce del Poeta Giacomo Leopardi,a cura di Enzo Carli, 2004.

Si ringrazia Roberto Tanoni, Ufficio stampa del Centro Studi Leopardiani di Recanati, per aver concesso la riproduzione di documenti che riguardano alcune opere di Giacomo Leopardi.

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