“L’invisibile portarsi alla forma”

di Leonardo Badioli

 

l'invisibile e la forma

 

Il pensiero che presiede alla creazione artistica è un flusso che procede da un principio ispiratore verso l’opera compiuta. A volte l’alfa e l’omega sono polarità distanti, altre volte sono impulsi quasi simultanei. Come nei fuochi fatui il pensiero brilla al suo primo apparire. Ecco perché, se c’è opera, il suo racconto ne fa parte integrante, ancorché prescindibile e forse addirittura ostativo. Non facile, in ogni caso, compiere il percorso a ritroso: nessuna induzione ci permetterà un accesso facile alle sorgenti.

Ma il titolo della mostra di Pico Romagnoli “L’invisibile portarsi alla forma”, è un implicito invito a risalire a monte della forma compiuta.

In realtà il gesto dell’aprire la porta apre in due direzioni: quella retroflessa della motivazione ad aprire e quella performativa che guida oltre la soglia.

«In effetti non è casuale» spiega Pico mentre sguscia le vongole che sono la sua cena, «se oltre la porta si trovano le Moire; ma l’idea della donna che apre la porta nasce dalla lettura di Jaspers e Heidegger, dove il primo parla del perimetro inteso come limite nel quale il trascendente raccoglie l’essere manifesto e ne rende possibile, attraverso questa compressione, l’evento nel mondo.

In Heidegger il manifesto è l’aletheia, è il cosiddetto disvelantesi dell’essenza: il nascosto tende a disvelare sottraendosi. C’è quindi un elemento di ambiguità nel fatto che nel suo dischiudersi il nascosto spinge avanti ciò che appare, lo fa essere presente, lo sostiene nella presenza; ma questo apparire nel mondo, nel tempo e nello spazio, si tradurrebbe in doxa, in rigida presenza se qualcosa non continuasse a sottrarsi».

E come tutto questo diventa una forma? – mi trovo a chiedere.

«Il prendere forma è spinto in avanti continuamente da qualcosa che non si manifesta e che rimane informe, non-spaziale, a-temporale.  Rende possibile il fenomeno della forma ma non trascende totalmente in essa, altrimenti si trasformerebbe in semplice ente. Ciò che rimane nascosto al mondo della manifestazione è continuamente presente nella modalità della sottrazione. La porta è il luogo dell’effluire, è un limen: ecco perché il titolo della mostra. Le Moire osservano, arbitre terribili del tempo, della permanenza nel mondo dell’apparire e del dis-apparire».

 

Sabato 27 febbraio dalle 18:00 alle 20:00 a Castelvecchio di Monteporzio, via Brenta 3 – Container di Castelvecchio

 

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