A 80 anni dalla sua scomparsa

le imprese di Tonino Benelli

(Pesaro 1902, Riccione 1937)

 

un’immagine di Tonino Benelli

 

Sorge a Pesaro una fabbrica di motociclette che porta un nome famoso: Benelli. E per anni il nome del bolide, reso celebre da ripetute gesta, ebbe la partenti del suo stesso conduttore. Benelli su Benelli, infatti, troviamo spesse volte nel libro d’oro delle competizioni del passato. Il genio creativo di una famiglia di pionieri dell’arte motociclistica unito alla forza, al coraggio e all’ardimento di uno dei suoi stessi componenti: Tonino Benelli.

Quando Tonino morì i fratelli Benelli continuarono l’attività come costruttori anche in suo nome. Sei fratelli nei quali una mamma fiduciosa e avveduta aveva creduto: Giuseppe, Giovanni, Francesco, Filippo. Domenico, Antonio, il più grande già un uomo, il più piccolo ancora in calzoni al ginocchio, appunto questo Tonino di aspetto gentile, con i nervi d’acciaio, pronto di parola e all’azione, un centauro che occupa un posto di preminenza nella storia del motociclismo italiano. Il “Benelli volante” entrò di colpo nella schiera degli Arcangeli, dei Varzi, dei Nuvolari, dei Moretti e dei Ruggeri. Lo chiamarono il “Girardengo della motocicletta”, appellativo attribuitogli dopo il primo gran premio del Moto Club Italiano a Torino nel 1928.

Fin da piccino ai manici di scopa, ai cavalli, Tonino preferiva rimanere per lunghe ore in cima alle motociclette immobili sul cavalletto. Una volta fu indotto in tentazione e ne mise una in moto; gli andò male e finì contro un paracarro. Ma poco dopo tutti conoscevano un centauro frenetico che compiva scorribande attraverso le vie della città sfidando l’occhio dei vigili e rompendo la quiete del luogo.

L’11 marzo 1925, Tonino con una Benelli 147cc, sfidava un meccanico di Pesaro possessore di una AJS e lo perdeva per strada. Ma il suo arrivo trionfale era guastato da alcuni vigili poco comprensivi che gli elevavano regolare contravvenzione per eccesso di velocità. Già un anno prima aveva esordito in una gara di motocross a Pesaro dove era giunto secondo a ruota di un idolo del tempo, Primo Moretti, che guidava una Guzzi 500.

Il ragazzo, fattosi precocemente uomo, sentiva maturare in sé l’impegno di valorizzare il prodotto di casa. Così doveva essere e alle prime armi Tonino Benelli si faceva subito notare: nel 1924 strappava la sua prima vittoria nella Parma – Poggio di Berceto alla guida della 147cc due tempi derivata dalla prima Benelli 98 e presentata – con considerevole successo – alla prima Fiera Campionaria Milanese, sui bastioni di porta Venezia. E sapete chi era in quella occasione nella classe 175 il suo più temibile avversario? Il fratello Giovanni, costruttore e progettista che nel 1911 aveva iniziato la sua attività alla testa di un’officina di precisione dove lavoravano cinque o sei operai.

Benelli leoncino 175, uno dei più affermati modelli della casa di Pesaro

Giovanni non aveva esitato a competere, a fianco di Tonino, per affermare l’eccellenza delle sue macchine nella classica corsa in salita. Ma Tonino aveva la meglio: ormai il dado era tratto.

La catena dei successi si allungava rapidamente: due nel 1924, uno nel 1925 e 1926, nove nel 1927, quattro nel 1928 e nel 1929, sei nel 1930 e nel 1931 e uno nel 1932. Trentaquattro vittorie e inoltre quattro titoli di campione d’Italia per quattro anni consecutivi (1928-1931). Fra le gemme più belle, tre successi sul circuito del Lario, quattro nel G.P. delle Nazioni, due nel Moto Club Italiano e nel G.P. Reale, uno nel G.P. di Francia. Questo il suo arco di trionfo.

Benelli su Benelli: un binomio noto in tutta la penisola. Scriveva di lui Renato Tassinari sulla Gazzetta dello Sport in merito al campionato motociclistico del 1927…” dei quattro campioni d’Italia, due soli ci sembrano la maggiore espressione del valore motociclistico nella loro categoria: Benelli e Arcangeli”.

Il 27 novembre, sul circuito del Tigullio, rimaneva vittima di una spaventosa caduta. Abbandonava l’attività sportiva per riprendere il suo posto in fabbrica, ma il desiderio della velocità, della lotta era insopprimibile in lui. La morte che lo aveva risparmiato, era in agguato, l’attendeva al varco perché nel suo destino c’era scritto che un addio alla vita in maniera diversa non gli era concesso.

Il 27 settembre 1937, Tonino volava a tutto gas sul nastro stradale Pesaro-Riccione per collaudare un nuovo modello quando d’un tratto, gli si parava contro una vettura. Non poteva evitarla, era lo scontro: la fine. Il suo feretro passava tra due fitte ali di popolo, tutta Pesaro rendeva omaggio al suo campione, poco dopo diventato d’incitamento ad altri: Banchieri, Rossetti, Alberti, Soprani, fino al traguardo mondiale di Ambrosini.

 

di Ezio Pirazzini

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