Appunti per una visita alla pittura

Nelle chiese di Senigallia nell’anno 1820 con la guida del filosofo naturale e distinto osservatore Vito Procaccini Ricci 

 

la più soave armonia
Madonna col bambino e S. Anna di Giovanni Francesco Barbieri (Guercino), 1643, Chiesa di San Martino, Senigallia

 

 

Queste note si trovano nella Memoria sulla situazione geologica del territorio di Senigallia e sui mezzi opportuni per migliorarne i prodotti scritta da Vito Procaccini Ricci e pubblicata a Firenze nel 1820. Oltre il tema annunciato, il protogeologo si fa amatore delle arti e intenditore di pittura.

“I prodotti delle belle arti non sono rari in Senigallia. In pittura vi è un quadro classico di Federigo Barocci urbinate. Ognun conosce l’amenità e la bellezza del suo pennello, che sapeva riunire e conservare nei soggetti ancor più funesti, quale per l’appunto è quello di cui si tratta. Cristo portato al sepolcro venne rappresentato in una tavola per l’altar maggiore della chiesa La Croce. Sostenuto da Giuseppe di Arimatea, da Nicodemo e dal diletto discepolo Giovanni si vede l’esangue spoglia dell’estinto Signore. Il torace ed il volto sono il principale centro in cui viene la luce a riunirsi. Gli altri soggetti nominati compongono un bene ideato gruppo, ed i vivi colore delle loro vesti piegate in ampi giri fanno comparire languido e delicato il cadavere del Nazzareno. Altre figure analoghe al tema empiono i lati, e tutto spira la più soave armonia. In certe patetiche rappresentanze il Barocci mostrava una bravura particolarissima, ed è più che celebre la deposizione di croce del medesimo fatta per Perugia, e che andò e tornò da Parigi. Io non farò qui il parallelo di questi due bellissimi quadri: dirà solo che il nostro per la composizione e per l’effetto è maraviglioso come per la vaghezza del colorito, e che è un vero peccato essere il medesimo per lo più a pochissimo lume, per cui si perde il miglior merito di tal sublime pittura. Vi è intanto a sperare che si ponga rimedio opportuno. Cristalli grandi e lucidi alle finestre, e tolti d’ogni intorno gli ostacoli che or più or meno vanno ricoprendo il quadro suddetto ci può bastare a quanto si desidera.

In San Martino all’altare di Sant’Anna vi è un bel Guercino benissimo colorito e benissimo conservato. La Santa Vergine tiene il bambino che viene adorato da Sant’Anna. Graziosissimo è quel puttino che pare abbia vita e moto. Nulla dirò dell’effetto, perché tutti sanno essere il pittore suddetto essere chiamato il Mago.

Il quadro dell’altar maggiore è di Simon Cantarini di Pesaro. Cristo in figura di poverello riceve da San Martino la metà del manto. Basta il nome dell’autore per annunziarne il merito.

Vi sono altri quadri di Ercole Graziani bolognese che fiorì sulla metà del secolo passato.

Al Duomo e in altre chiese vi sono parecchie tavole di altare di Domenico Corvi viterbese, un dei più eccellenti disegnatori in Roma degli ultimi tempi nostri. Alla cappella della Madonna di Loreto, che è di pertinenza della Comune, vi è il quadro dello stesso Corvi, che mostra un colorito assai vago contro il consueto suo stile. 

I patrizi ed altre famiglie ancora conservano nelle lor case belle pitture, e monumenti di belle arti, che a me non conviene descrivere.”

 

 

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